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venerdì 31 luglio 2015

risparmio e debito, libertà e schiavitù

Risparmio uguale libertà, debito uguale schiavitù.

Questa è l'equazione che ricavo dalla mia esperienza personale di vita privata e aziendale e dalle tante testimonianze raccolte in vent'anni di vita sindacale in mezzo alle imprese. 
Cercherò di giustificare tale equazione tramite alcuni aneddoti della mia esperienza di vita e quindi vi racconterò un po' di me.

Ho ancora in mente quel giorno in prima elementare, quando il maestro portò in classe un funzionario della allora Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, precisamente della filiale n° 9 del Bassanello che ci fece un gran bel discorso sulla importanza del risparmio. Alla fine venne consegnato ad ogni alunno un libretto al portatore con 500 lire versate e un salvadanaio metallico fatto a libro, per cominciare a fare il risparmiatore.
Avevo sei anni, ma nella mia testa cominciava a essere chiaro che qualsiasi cosa io desiderassi avere, prima avrei dovuto risparmiare per esaudire il mio desiderio. Erano i valori che avevo imparato in casa fin da piccolo, da mio padre e da miei nonni che abitavano con noi.
Quelli nati negli anni 50/60/70, cioè quelli nati nel "boom economico",  sono cresciuti con la cultura del "sacrificio" dove era chiaro in tutti che il miglioramento di vita e  posizione sociale passava inevitabilmente dal lavoro e nel risparmio di una parte dei profitti derivanti da esso. 
Mi ricordo ancora quando da piccolo sentivo mio padre, piccolo imprenditore edile,  dire a mia madre "questo mese sono riuscito a mettere via 20 mila lire" e insieme progettavano i loro piani per comprare quelle cose (gli elettrodomestici in primis) che ti facevano sentire più "ricco". Ed era così un po' per tutti e partendo dagli elettrodomestici, passando per la macchina, si è arrivati alla casa. Prima si risparmiava, poi si comprava, questa era la regola e il modello di vita. 
Così è stato anche per me quando da studente adolescente ho voluto la "moto da cross", vera icona dei miei tempi. Mi ricordo che ero in prima superiore e nelle vacanze estive andai a fare il cameriere in un bar vicino al "Santo" (basilica di S. Antonio a Padova). Nei quasi tre mesi di lavoro, tra stipendio e mance, riuscì a "mettere via" i 280 mila lire utili a comprare il  mitico Ancillotti 50 cc con il motore Sachs (sacrificio, lavoro e risparmio).
Con questa filosofia sono cresciuto, ed è stato così per le piccole e grandi cose che ho fatto nella mia vita, anche nella "costruzione" delle fondamenta della famiglia che mi accingevo a formare.
Mi ricordo che con la mia "morosa" aprimmo un conto insieme quando cominciammo a pensare al matrimonio. Ogni mese io e lei versavamo una parte dei nostri stipendi e in dodici anni (tanto è durato il fidanzamento) riuscimmo a mettere da parte i soldi per comprarci l'appartamento e quelli per sposarci (sacrificio, lavoro e risparmio).
Con questi valori sono cresciuto, come uomo prima e imprenditore dopo, quando all'età di trent'anni rilevai l'azienda di papà. Anche nella mia attività andavo avanti con questi principi, cioè lavoravo con i miei soldi, nonostante i fidi che negli anni i direttori di banca mi concessero senza nemmeno richiederli. Anzi, quando andavo in banca mi sentivo dire " ma Lorin usi i soldi della banca come fan tutti e con i suoi si compri la casa in montagna o al mare, la macchina più grossa ecc.".
Io sono andato avanti con i miei soldi nel lavoro come nella vita, migliorando man mano e diventando un "benestante borghese" di quel ceto medio come molti imprenditori di quel tempo. Con la "mia" liquidità ero libero di fare quello che ritenevo meglio per me, la mia famiglia e la mia azienda, senza rendere conto a nessuno e potendo chiudere gli "affari" spuntando sempre un prezzo buono perché pagavo in contanti (stimolo alla lotta, alle scelte e alla responsabilità personale).
Poi arrivarono gli anni ruggenti, dove proliferarono costruttori e immobiliaristi e le banche davano i mutui "facili" fino al 120/130% del valore degli immobili. Gli anni della speculazione edilizia e dei mutui (debiti) trasformati in prodotti finanziari (derivati) alla fine degli anni novanta. In quegli anni furono costruiti i peggiori immobili mai visti, con classe energetiche inesistenti e spesso e volentieri senza parametri di sicurezza e abitativi. Un patrimonio immobiliare quello degli anni novanta che, se andiamo a vedere sarebbe da radere al suolo. Consumo del territorio senza logica e senza una visione futura.
Mi sono fatto coinvolgere anch'io in quel meccanismo per non restare emarginato dal mercato e all'inizio sembrava tutto facile. Non servivano più i sacrifici, i soldi giravano a mille e in maniera facile. Le banche erano bendisposte a darti credito, sempre di più, tanto che negli anni duemila un imprenditore valeva per l'ammontare degli affidamenti ottenuti dagli istituti di credito. Erano gli anni dell'avvento dell'euro, dove noi abituati a trattare cifre con una montagna di zeri, con l'avvento di questa moneta perdemmo anche la cognizione del valore stesso del denaro. Tutto sembrava costare poco per via della mancanza di zeri e nelle tasche giravano una miriade di banconote di grosso taglio. Successe a tutti coloro che avevano una attività in proprio di perdere via via il senso del sacrificio e con esso quello del risparmio, in un mercato drogato da fiumi di denaro virtuale e inesistente, basato sulla riserva frazionaria come garanzia e sul debito quale valore di mercato con i derivati.
In questa forma di enfasi collettiva di mercato drogato, era entrata in testa una sorta di idea, secondo la quale il denaro girava sulla spesa, ovvero più spendevi più soldi ti entravano.
Questo meccanismo portò le aziende (quasi tutte) a indebitarsi sempre di più (affidamenti sempre più alti) aprendo una miriade di conti bancari da far perdere la testa. Ogni conto nuovo aperto era un nuovo fido e una nuova liquidità da utilizzare. Un po' come stanno facendo gli Stati adesso, noi piccoli imprenditori che abbiamo fatto il "miracolo del nord-est", per pagare i debiti facevamo altri debiti. Sempre di più!
Ma così facendo, senza rendercene conto diventavamo sempre più poveri, ma con più case, più macchine con più cellulari, con più barche e etc.
Quando la crisi di metà anni duemila ci ha colti impreparati (tutti, compresi gli economisti e premi nobel) pensammo a un fatto passeggero e invece era l'inizio di un incubo per molti.
I nodi erano giunti al pettine. Le banche erano entrate in crisi di liquidità per il crescente numero di insoluti e come in un gigantesco domino, uno alla volta le piccole aziende poco capitalizzate (ci avevano insegnato a portare fuori i capitali dall'azienda per non pagare tasse) cominciarono a cadere.
E siamo giunti ai giorni nostri, dove la desertificazione delle piccole imprese è in pieno atto, spazzate via dall'improvviso bisogno delle banche di avere liquidità per coprire i buchi dei derivati, quindi dalla richiesta di rientro "subito" dai fidi.
Ecco che rincorrendo il debito abbiamo perso via via la nostra libertà di agire, diventando sempre più schiavi delle banche e dello Stato,  che a sua volta  indebitato oltre misura, ci impone sempre maggior tassazione, fino a strozzarci.
La morale che ho ricavato per insegnamento diretto dalla mia vita è questo; con la cultura del risparmio mi sono affrancato come uomo e come imprenditore e sono stato libero artefice delle mie scelte, con il debito sono diventato uno schiavo e più elevato è, più limitata è la mia libertà di scelta è la mia possibilità di scelta, mi sono uniformato
Luigi Einaudi pose il risparmio al centro della sua visione liberale della vita, considerandolo il vero motore dello sviluppo economico e delle persone. La centralità che Einaudi attribuisce al risparmio in tutta la sua teoria finanziaria, dove il risparmio non è solo una categoria dell'analisi economica, ma rimanda alla visione dell'uomo, "home faber fortunae suae".
Un ideale di uomo che lotta per diventare migliore, ma dipende da lui, e il risparmio è la via di accesso all'ascensore sociale.
Dunque il risparmio è il motore che spinge l'uomo alla lotta, alle scelte e alle responsabilità, tutti valori che oggi sembrano persi nell'oblio a vantaggio delle teorie "dell'ozio" derivanti dalla spesa per debito (visione keynesiana)
Il risparmio è indipendenza economica, è autonomia della persona, è stimolo di avanzamento economico.
Sono quanto mai convinto che la nostra società uscirà dal tunnel in cui si è ficcata solo attraverso una brusca inversione di marcia, riconquistando la cultura del sacrificio, del lavoro, del risparmio


martedì 14 luglio 2015

COSA FARE PER IL RILANCIO DELL'EDILIZIA NEL VENETO

Ad Aladino Lorin che nei suoi interventi tocca spesso i problemi legati al mondo delle costruzioni abbiamo chiesto:
D. Cosa avete intenzione di fare per il rilancio dell'edilizia nel Veneto?
R. Noi ci poniamo 4 obiettivi:
1) Riduzione invenduto di imprese e banche con nuove linee di credito alle famiglie
2) Credito alle famiglie per nuove costruzioni
3) Credito e/o contributi alle famiglie per riqualificazione energetica vecchi edifici
4) Incentivi alla coabitazione solidale tra anziani e giovani.
Si pensa, oltre ad incentivi nel campo sociale, a credito agevolato ai giovani per ricavare, soprattutto nelle case singole, mini appartamenti per i genitori per facilitare la coabitazione.
D. Quando e come?
R. All'apertura della nuova legislatura proporremo l'istituzione di un fondo per la casa che preveda un contributo a fondo perduto a scomputo interessi per:
- case ed appartamenti acquistabili da giovani coppie direttamente dalle imprese che hanno completato i lavori da più di tre anni
- case ed appartamenti pignorati o all'asta provenienti da imprese di costruzione
D. Chi saranno i beneficiari?
R. I beneficiari saranno giovani coppie in procinto di sposarsi o sposate da non più di 7 anni cui accordare un mutuo pari all'80% del valore di stima del fabbricato, su cui far valere anche garanzia aggiuntiva del MISE. Saranno anche cooperative edilizie o sezioni di cooperative edilizie con prevalenza di giovani coppie.
La giovane coppia potrà dimostrare la disponibilità della cifra scoperta dal mutuo anche con impegno dei familiari.
Nel caso di nuove costruzioni la somma non coperta dal mutuo può essere dimostrata anche dalla disponibilità del terreno con diritto reale.
D. Facciamo un esempio...
R. Prendiamo una giovane coppia che voglia comprare un appartamento fra quelli pignorati ad una impresa edile per insolvenza per un valore di 180.000 euro. La banca dovrà mettere a disposizione un mutuo di 144.000 euro. Il Ministero dello Sviluppo Economico darà alla banca fideiussione sul 50% del valore. La cifra non finanziata, se non disponibile, sarà garantita da familiari.
Noi proponiamo che la Regione intervenga con un contributo a fondo perduto sugli interessi, ad esempio coprendo gli interessi per i primi 5/7 anni in modo che per quel periodo la giovane coppia paghi solo la quota capitale. E' logico che la tipologia del mutuo dovrà essere concordata tra Regione ed istituti bancari.
Intervista a cura
Segreteria di SoS Economia Italia

mercoledì 8 luglio 2015

Aladino Lorin, artigiani insieme: Rappresentanza; esercizio vacuo!

Aladino Lorin, artigiani insieme: Rappresentanza; esercizio vacuo!: Non è la prima volta che scrivo sulla rappresentanza, un tema per me fondamentale, in quanto la ritengo lo strumento principe per dare voc...

Rappresentanza; esercizio vacuo!

Non è la prima volta che scrivo sulla rappresentanza, un tema per me fondamentale, in quanto la ritengo lo strumento principe per dare voce alle persone, agli interessi di gruppo, quindi essenziale per creare lobbies capaci di portare risultati  agli appartenenti a quella cerchia di individui che ha l'ha creata.
Quindi strumento utile e necessario al fine di ottenere benefici ai singoli, che trovano modo di aggregarsi su temi specifici, siano essi culturali, politici, economici o identitari.
La rappresentanza può essere esercitata in vari modi, dalla semplice aggregazione libera di soggetti affini,  alle più complesse forme organizzate come i partiti, associazioni di categoria, associazioni sindacali, culturali ecc.
I partiti e le associazioni di categoria o dei lavoratori, ossia i "mediatori" della rappresentanza conto terzi,  sono passati negli anni, da semplici forme organizzate di rappresentanza a veri e propri soggetti finali di acquisizione dei bonifici derivanti dall'esercizio della rappresentanza.
Mi spiego meglio.
Se un tempo, le forme organizzate di rappresentanza nascevano e si strutturavano con lo scopo di dare risposte agli "associati", oggi è diventato vero il contrario.
Nel tempo il "mediatore" è diventato sempre più soggetto centrale e tramite i funzionari e direttori, i veri "padroni" della rappresentanza, la "usano" spesso e volentieri per scopi e profitti personali dei mediatori. 
Di fatto, i "mediatori" sono stati elevati al rango di "soggetti beneficiari". Al centro della rappresentanza non c'è più la moltitudine dei singoli, ma gli interessi dei capostruttura. 
In ultima analisi, il partito fa gli interessi del partito e l'associazione fa l'interesse dell'associazione (ovvero gli interessi personali dei "padroni" di questi contenitori).
A dimostrazione di quanto sto scrivendo, sempre più questi "contenitori" sono autoreferenziali a tal punto da non dovere più passare dalla legittimazione di congressi o elezioni, dove gli associati possono scegliere i propri rappresentanti , ma procedendo direttamente per nomina dei "padroni" dello strumento.
A titolo esemplificativo (e solo a questo scopo) a inizio luglio abbiamo assistito al rinnovo dei rappresentanti  della più grande associazione di Artigiani di Padova. La farsa messa in atto all'Unione Artigiani di Padova, ha portato al rinnovo di tutti i ruoli di rappresentanza bypassando il più semplice degli strumenti democratici; il voto degli associati! Cvd...
Forse due i motivi alla base di questa scelta; forse per evitare di certificare l'esiguo numero di associati rimasti, o forse per evitare venissero eletti potenziali "rompiballe" o quantomeno persone non allineate al "padrone"...o forse per altri motivi ancora.
Ma non voglio soffermarmi ad analizzare le scelte effettuate da Upa, non mi interessa e non lo voglio fare, serviva solo allo scopo dimostrativo a sostegno di quanto scritto sopra e d'altronde, come si suol dire in questi casi, contenti loro...contenti tutti.
Ritornando sul filone del mio discorso, i titolari della rappresentanza siamo noi singoli soggetti, cioè noi cittadini, artigiani, imprenditori o operai. Ma allora cosa è successo se oggi non siamo più i beneficiari dei frutti della rappresentanza?
Io una risposta chiara nella mia testa ce l'ho!
Abbiamo dato la delega in bianco della rappresentanza a soggetti che non parlano la nostra lingua, cioè la lingua dei cittadini, artigiani, imprenditori o operai, ma bensì a burocrati.
Questo è diventato il paese dei burocrati, che si sono presi il ruolo di padroni della nostra "sovranità", sia che sia del Paese, dell'azienda. E' come se noi avessimo ceduto la titolarità della nostra azienda al direttore, la titolarità delle scelte del paese ai capo-partiti. E' già successo in passato, quando i mezzadri (chiamati in gergo "gastaldi") sono diventati proprietari dei terreni dei nobili e legittimi proprietari, troppo pigri per controllare i "delegati" a rappresentare i loro interessi.
Concludendo, credo che la colpa sia in capo a noi stessi che, troppo impegnati sulle nostre piccole o grandi cose, abbiamo dato la delega in bianco senza mai verificare la bontà di quanto fatto da questi delegati e questi, piano piano sono diventati "padroni"; adesso dobbiamo fare quello che decidono loro delle nostre titolarità. 
La rappresentanza è ridotta a un esercizio vacuo, ossia vuoto di quelle caratteristiche e ragioni per le quali i soggetti di mediazione della rappresentanza erano nati.
Riprendiamoci la titolarità della rappresentanza e verifichiamo puntualmente coloro che deleghiamo a rappresentare i nostri interessi

martedì 19 maggio 2015

Mi si apre il cuore …..


 Guardi il tg e Renzi, rimangiandosi tutto quello che ha detto sulle sentenze che vanno sempre rispettate, decide di tenersi (si legge rubare) 16 miliardi dei pensionati sui 18 tolti illegalmente dalla Fornero.
Draghi apre i rubinetti del credito. Comunicati, articoli, trasmissioni TV. Chiedi ai piccoli imprenditori se hanno visto qualcosa …... niente di niente …..
I giornali dicono che Renzi dice che la pressione fiscale è calata. Controlli i conti e hai pagato più dell'anno scorso.
Da impresario edile che lavora per i comuni paghi l'IVA al fornitore, il comune invece non te la paga, la versa direttamente allo Stato. Se fai un lavoro come il cappotto alla casa e ti pagano con bonifico, lo Stato si trattiene sul fatturato l'8% che spesso vuol dire il 50% sul guadagno.
Con Berlusconi si parlava di non mettere le mani in tasca ai cittadini, Renzi ti frega la liquidità ed i soldi prima che ti arrivino in tasca.

Viene da dire: “ma andate a cagare tutti! ….......”

Poi vado a fare campagna elettorale al mercato di Campodarsego (PD) e distribuendo i “santini” vota Lorin, parlo con gli uomini delle bancarelle.
Cazzo ooooooo! Parlano come me. Ce l'hanno con il DURC di cui vogliono l'abolizione. Ce l'hanno con le banche che non solo non danno credito ma continuano a chiedere, ormai da più di cinque anni, il rientro dai miseri fidi rimasti. Ce l'hanno con la burocrazia che li costringe a pagare 2500 euro di commercialista per pagarne magari 1000 di tasse (visto che utili ormai non se ne fanno più). Ce l'hanno con i comuni che tra sanzioni per irregolarità di ogni tipo e multe per eccesso di velocità prelevano dalle tasche di chi lavora più soldi che con l'IMU e TASI messe insieme.


Sono sincero. Quando sento parlare così mi si apre il cuore. Dico questo perché in tante occasioni, quando parlo di cosa la politica dovrebbe fare, mi sembra di essere Don Chisciotte contro i mulini a vento. Ma basta ascoltare meno telegiornali e meno talk schow e venire in mezzo alla gente che lavora e ti rendi conto che questa è la gente normale, con tanti problemi da risolvere ma con le idee chiare sulle priorità da affrontare.


Di fronte alla realtà non ho molte parole da dire. Vi dico solo:”Sarò di parola, se sarò eletto porterò i problemi di cui abbiamo parlato stamattina, qui al mercato, in Consiglio Regionale”.

domenica 17 maggio 2015

Aladino Lorin si candida alle elezioni regionali del Veneto




Aladino Lorin, Presidente di SOS Economia si candida alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale Veneto con Zaia. Gli abbiamo rivolto alcune domande …..

D. La disoccupazione aumenta, le imprese continuano a chiudere, il credito a famiglie ed imprese cala. Cosa sta succedendo?
R. Intanto diciamo che per merito di Luca Zaia e di chi ha governato il Veneto finora, la nostra disoccupazione è metà di quella nazionale. E' però senz'altro vero che siamo in una situazione di confusione politica, economica e morale.
D. Spiegati meglio ….
R. Le istituzioni sono diventate strumenti a disposizione delle varie caste per autotutelarsi. I partiti si stanno polverizzando. Sono in una baraonda di capi e capetti autoreferenziali. A livello economico, l'ordine mondiale voluto dalle multinazionali, usando il potere bancario e la finanza, sta distruggendo il tessuto virtuoso della piccola imprenditoria e lo stato sociale conquistato dai lavoratori/produttori nel secolo scorso. Oggi non ci sono più forze organizzate di rappresentanza territoriale.
D. Come se ne esce?
R. Ritornando alle radici. La nostra radice culturale è quella cristiana che mette al centro di tutto la persona. Le nostre radici politiche poggiano su due pilastri irrinunciabili: la famiglia e l'imprenditoria diffusa.
D. Mi dicono che sarai candidato alle regionali con Indipendenza Noi Veneto con Zaia. Perchè?
R. E' un tentativo, che io giudico serio, di riconquistare a livello politico una rappresentatività territoriale che io giudico fondamentale per una ripartenza.
D. Spiegati meglio ….
R. Oggi noi stiamo subendo una legislazione, soprattutto europea, che non è nostra. Stiamo adottando leggi che rispondono alle logiche egemoniche del sistema bancario e finanziario mondiale. Salviamo gratis il Monte dei Paschi e tagliamo l'erba sotto i piedi delle banche territoriali come le Popolari e le Casse Rurali.
D. E allora?
R. L'indipendenza del Veneto ci può dare la possibilità di riscrivere le regole in base alle nostre esigenze e non per farci legare mani e piedi dalle multinazionali inglesi o americane che siano.
D. Sei sicuro che Zaia sia per l'ndipendenza del Veneto?
R. Zaia si batte per un Veneto Autonomo e si rimette alla volontà del popolo Veneto che si pronunci con il referendum per l'indipendenza. Io penso che l'autonomia è un passo avanti verso l'indipendenza. In ogni caso è meglio un Presidente del Veneto amico come sarà Zaia che una Presidente schierata senza se e senza ma contro il referendum per l'indipendenza come la Moretti.

giovedì 2 aprile 2015

TIFOSI DELLA POLITICA


Il coraggio di assumerci la responsabilità di cambiare.

Da noi di politica se ne parla come si parla di calcio, ossia da tifosi.                                                           
Non riusciamo ad uscire dalla logica che "quello che conta è vincere", non importa come, l'importante è che il proprio partito vinca comunque, invece di pensare che la politica dovrebbe aiutarci a vivere meglio all'interno di una comunità. 
Noi Veneti, ma come i Liguri piuttosto che i Siciliani o i Campani, passiamo la maggior parte del nostro tempo a lamentarci di tutto e di più. Arrabbiati con lo Stato che ci porta via il frutto del nostro sudore, con i politici che non hanno fatto niente per noi e rubano tutto, o perché non hanno fatto nulla per cambiare le vicende del nostro territorio, oppure perché hanno tradito il nostro mandato cambiando casacca (partito). Poi quando giunge il tempo delle decisioni (elezioni) che, potrebbero determinare il cambiamento del nostro status, cosa facciamo? Nulla, nulla di nulla!!!
Siamo un popolo di lagnosi, incapaci di prendere in mano il nostro destino, buoni solo per le critiche e i piagnistei, con la speranza che qualcuno si impietosisca. 
Vale per la politica come per il lavoro; pronti a criticare e a dire cosa non va bene, prontissimi a parlare male di chicchessia, ma sempre pronti a prostrarci difronte al potente di turno con la speranza di ricevere la sua benevolenza.
Da molti anni la politica ha invaso il territorio dell'economia e delle imprese, distruggendo quanto più possibile con il clientelismo, la corruzione e il malaffare; ma come mai l'imprenditoria "sana" è rimasta a guardare e non ha saputo incidere nella politica? Quanti piagnistei, quante lagne, quante accuse verso la politica corrotta, ma se chiedi a un imprenditore di impegnarsi per il proprio futuro, si gira parte e il più delle volte perdi pure l'amicizia.
Ma perché questa de-responsabilità delle persone difronte alle decisioni da prendere per dare e darsi un futuro?
Io una risposta ho provato a cercarla e sono giunto alla conclusione che le persone sono in uno stato di confusione pressoché totale (fanno di tutto per confonderci), privi di ogni punto di riferimento e la confusione come la nebbia, impedisce di vedere lontano.
Tutti aspettano che qualcuno indichi la via, nel frattempo le persone si attrezzano a sopravvivere consce che li aspetta un futuro difficile.
Il governo tenta in tutte le maniere (soprattutto con le menzogne) di fare iniezioni di fiducia che, vengono vanificate dalla cruda realtà dei numeri.
Smettiamola di fare i tifosi e riprendiamoci in mano le sorti del nostro futuro, smettendola di delegare il nostro futuro a persone che di noi non importa nulla.
Rimbocchiamoci le maniche, assumiamoci la responsabilità di pensare con la nostra testa e se il partito per cui facciamo il tifo non "gioca" bene, facciamoglielo capire con il coraggio di una scelta diversa; ossia guardiamo il nostro bene e se coincide con il bene del nostro partito, ottimo, altrimenti troviamo il coraggio di assumerci la responsabilità di cambiare

sabato 21 marzo 2015

Alla politica serve coraggio.


Non passa giorno che aprendo i giornali la cronaca non riporti la notizia di suicidi legati alla situazione di crisi in cui versa il paese.
Si susseguono alla media spaventosa di tre al giorno, a tutte le latitudini del paese e per tutte le categorie di persone. Mi si stringe il cuore dal dolore quando leggo che un giovane si toglie la vita perché il paese non gli offre sbocchi per il futuro, oppure come recentemente accaduto nel mio Veneto un produttore di latte di 37 anni si è tolto la vita dopo l'arrivo della multa di 6 mli di euro per la nota vicenda delle quote latte.
Mi viene spontaneo pensare alla profonda ingiustizia della vita , quando un giovane di 37 anni si toglie la vita, dopo che quotidianamente ha lavorato dalle sei del mattino alle dieci di sera per il suo lavoro e viene penalizzato  da regolamenti comunitari "stupidi", tanto che saranno aboliti ma intanto si procede lo stesso nel nome di una giustizia cieca e nel rispetto di leggi insensate, distruggendo quel poco di produttivo che ancora resiste nel nostro territorio.
Quel rispetto che quotidianamente è disatteso e mancato da una classe dirigente e politica ladra, inetta e scandalosamente aggrappata a privilegi anacronistici che stridono con la quotidianità delle persone normali, che non sa prendere decisioni coraggiose in favore delle persone.
L'ISTAT da tre anni non pubblica più i dati sui suicidi perché evidentemente ormai i numeri fanno rabbrividire anche i più insensibili, ma questo dimostra l'assoluta  mancanza di volontà delle istituzioni di affrontare il problema.
Quanta angoscia, sacrifici e dolore dovremo ancora sopportare prima che ci si assuma responsabilmente il dovere morale di dare risposta a questo stato di disagio sociale che è diventato allarme sociale.
Ricordo ancora come fosse oggi, le sprezzanti e disgustose parole dell'allora premier Monti, quando qualcuno facendogli presente l'aumento di suicidi legati alla crisi, rispose che non era preoccupante perché il numero era inferiore a quello della Grecia.
Nonostante siano state tante le iniziative su questo fronte giunte dalla società civile per sensibilizzare la politica e le istituzioni, nessun governo finora si è fatto carico di prendere coscienza di tanto disagio e di cercare di dare delle risposte. 
Ma la politica ancora per quanto pensa di poter far finta di nulla e far passare sotto silenzio tutto questo disagio, raccontando al paese una realtà che non esiste?
Vero è che soffriamo di una grave forma di astinenza da buone notizie che, pur di alleviare tale stato, crederemmo a qualsiasi menzogna spacciata per buona notizia.
Anche gli animali hanno molti politici che si sono dedicati alla loro protezione; non dimenticatevi delle persone.
E' il tempo che la politica faccia la sua parte seriamente e riprenda quella funzione per la quale esiste, ossia essere a servizio della comunità e non viceversa, ma per questo serve coraggio.

Politici siete dei vigliacchi!!!

giovedì 22 gennaio 2015

DURC: ARMA DI DISTRUZIONE DI MASSA DI IMPRESE IN DIFFICOLTA'

Documento Unico Regolarità Contributiva.

Quando è nato doveva servire per evitare la concorrenza sleale e mettere tutte ditte allo stesso livello nei confronti dell'ente appaltante . Ricordo che a Padova, negli appalti per il verde, e non solo, ditte locali perdevano l'appalto nei confronti di ditte del sud, agli operai delle quali non venivano pagati i contributi. Si trattava di concorrenza sleale. Giusto combatterla.
Poi lo Stato si è accorto che il DURC funzionava egregiamente come arma "anti-evasione" dei contributi INPS, INAIL ed ecco che il DURC viene esteso su tutto: appalti, subappalti sia pubblici che privati, per gli spazi pubblici per gli ambulanti, ecc.
Fin che c'era lavoro per tutti poteva anche starci. Ma con l'arrivo della crisi il lavoro è incominciato a mancare. Oggi manca liquidità spesso anche perché gli enti pubblici non pagano, o lo fanno con tempi lunghi. Interi settori sono entrati in crisi, uno su tutti il comparto edile. 
E' diminuito il potere d'acquisto degli italiani, girano meno soldi e percentuali sempre maggiori di lavoratori autonomi (talvolta si arriva a percentuali del 15/20%), non hanno i soldi per pagare i contributi e qui arriva la beffa: “se non paghi i contributi non puoi avere il DURC, se non hai il DURC non puoi lavorare”. Risultato, il DURC è diventato un'arma di distruzione di massa di imprese in difficoltà che invece di un aiuto dallo Stato devono subire l'azione dello Stato. E' l'azione equivalente a quella del boia che dà il colpo finale alla nuca del condannato, con una differenza che lo Stato invece di usare la pistola usa il DURC.
Viene spontaneo chiedersi: “ma se questi sono gli effetti devastanti del DURC perchè il Parlamento, e per quanto di competenza le Regioni, non lo sospendono, almeno temporaneamente?”  Ultimamente nel DURC è entrata anche la voce riguardante la regolarità contributiva con le Casse Edili, che sono enti privati ma di fatto agiscono come enti pubblici, in virtù della delega che lo Stato ha concesso generosamente a loro di essere gli erogatori fisici del documento stesso. E qui veniamo alle dolenti note.
Non tutti gli imprenditori sanno che, proprio nei contributi INPS, INAIL e CASSA EDILE, sono presenti, tra le varie voci di composizione dei tributi, generose percentuali a favore del mondo della rappresentanza categoriale. Avete letto bene; tutti coloro che hanno una posizione fiscale, nei contributi che versano allo Stato, una parte di questi viene stornata a favore delle associazioni di categoria.
Ecco che il DURC è diventato lo strumento di ricatto nei confronti delle imprese, garantendo in tal modo, risorse per le Associazioni; facile capire che le OO PP non hanno nessun interesse che il DURC venga eliminato o sospeso momentaneamente. Come è facile capire che nessun partito politico ha interesse a fare queste battaglie per le imprese, perché di fatto avrebbero contro il "sistema di rappresentanza delle categorie economiche" che da sempre agiscono come serbatoi di consenso.
Cari colleghi, sappiate bene che le associazioni di categoria non sono vostre alleate nella tutela dei vostri interessi, come non lo sono quando siete in difficoltà. Voi per loro siete solo "clienti paganti" da fidelizzare, da spremere fin che è possibile con l'offerta di ogni sorta di servizi, corsi di ogni natura e in seconda battuta siete componenti di quel serbatoio di consensi  che le associazioni "vendono" ai partiti in cambio di favori e emanazione di quei provvedimenti di obblighi normativi, che  rendono le imprese bisognose delle associazioni per l'adempimento. Chiaro!
Si fanno regali di miliardi ad esempio alle banche, trovati risorse per pagare riscatti di connazionali, trovate le risorse per aiutare gli extracomunitari a venire in Italia, aiuti di tutti i tipi agli amici degli amici, ma non si trova il tempo di discutere di un meccanismo semplice, semplice, che consenta di far lavorare e sopravvivere migliaia di imprese e con esse si dà la possibilità di sbarcare il lunario a migliaia e migliaia di persone?

     Una considerazione sorge spontanea. Se per le banche, spesso usuraie, il Parlamento fa anche gli straordinari e per evitare la disperazione di tanti titolari di partita IVA in difficoltà non trova neanche pochi minuti per evitare in certi casi il suicidio, forse questo Paese non ha un futuro.

venerdì 16 gennaio 2015

LA VEDO NERA


L'edilizia è bloccata da uno Stato rapace e da banche estranee ai problemi PMI e famiglie

Dialogo tra Tony muraro e Bepi pensionato.

Bepi: Mio figlio vuole sposarsi. Mi sono informato. Nel campo vicino alla mia abitazione in zona agricola posso fare una villetta sfruttando il piano casa. Il geometra mi dice che tra progetto e direzione lavori ci vogliono sui 18.000 euro, più 3000 euro per la carotatura, i calcoli per il cemento armato, progetto dell'impianto termico e sull'acustica e variante fine lavori. Mi ha anche detto che di Bucalossi (oneri di urbanizzazione) pagherei poco ma siccome mio figlio e la futura nuora hanno bisogno del mutuo per arrivare a finire la casa devo fare una compravendita del lotto con la concessione edilizia, altrimenti la banca non da loro il mutuo. Risultato devo pagare la Bucalossi per intero: costo 26.000 euro, salvo interpretazioni più favorevoli come ad esempio l'esenzione prevista per i figli o per impianto fotovoltaico sopra i tre Kw. Conseguenza di tutto questo ambaradan, non posso vendere il terreno agricolo ma il terreno fabbricabile che il geometra stima in 80.000 euro. Non ho capito tutto bene ma, sempre il geometra, mi dice che dovrò pagare sulla plusvalenza, che lui calcola in 60.000 euro, circa il 38% perché la plusvalenza va tassata aggiungendola alla pensione e l'aliquota è appunto il 38% o anche 41%. Sono altri 23.000 euro. La percentuale potrebbe scendere al 20% se il terreno fosse in proprietà da più di 5 anni.
Mio figlio con la nuora deve pagare poi la tassa di registro che mi dicono essere il 9% del valore su un totale di 124.000 euro: quindi 11.000 euro più 3000 euro per l'atto notarile.
In conclusione, prima di mettere giù la prima pietra devo pagare:
- 23.000 euro di progetto, direzione lavori, frazionamento, ecc., fino variante fine lavori
- 26.000 euro di Bucalossi
- 23.000 euro per plusvalenza (salvo riduzione al 20% od all'8% in certi casi)
- 11.000 euro di tassa registro
- 3.000 euro di notaio
si tratta di ben 86.000 euro, con il terreno mio perché altrimenti sarebbero 146.000. Si tratta di quasi 300 milioni delle vecchie lire, prima di iniziare a costruire. In altre parole, di questi 86.000 euro, 26.000 sono di prestazioni professionali, 63.000 sono di tasse su un terreno mio, comprato con i miei sacrifici e su cui ho pagato le tasse per una vita fino all'ultimo centesimo.

Tony: Per portarla al coperto, al grezzo avanzato, hai bisogno di altri 140.000 euro e per finirla di altri 110.000. Vuol dire che per fare al figlio la villetta che hai in mente ti ci vogliono 336.000 euro senza conteggiare il terreno che cedi di fatto gratuitamente. Tieni presente che sui 250.000 euro di costruzione di fatto paghi 10.000 euro di IVA. Ciò vuol dire che su quella casa nuova tu pagherai di tasse più di 73.000 euro su una spesa di 336.000 euro, senza conteggiare il terreno. Prima di finire dovrai pure pagare l'accatastamento e la burocrazia per l'abitabilità. Il 20% sarà il tuo contributo allo Stato. Per fare la casa al figlio di fatto regali al nostro caro Paese più di un quinto del suo valore.

Bepi: Di fatto regalo un quinto della casa allo Stato prima di andare ad abitarci. Forse, voi muratori siete gli unici a guadagnarci.

Tony: Parli così perché non conosci come vanno le cose. Lo Stato frega te esattamente come frega me. Pensa che se faccio con te un contratto per realizzare la casa per quei 250.000 euro, l'IVA l'anticipo al 22% quando compro i materiali, poi fatturo sulla cifra finale al 4% a tuo figlio perché si tratta di prima casa. Il risultato è che vado a rimborso a fine anno e poi se tutto va bene la recupero in uno o due anni perché lo Stato non me la restituisce subito. Senza fare tanti conti, sulla casa di tuo figlio io presto allo Stato l'80% dell'IVA per 1 – 2 anni e forse più. Si tratta di 40 – 50.000 euro che di questi tempi sono il margine con cui lavoro.

Bepi: Non dirmi che fai i conti senza riservarti un margine almeno di un 30% su quei 250.000 ….

Tony: Cinque, sei anni fa calcolavo anche il 40%. Ora calcolo il 15-20%. Se riesco a non fare errori durante i lavori su quei 200.000 euro di imponibile posso aspirare ad un margine di 40.000 euro su cui pago una una IRPEF del 27%: quasi 11.000 euro. Mi restano meno di 30.000 euro. Come vedi restando fuori con l'IVA rimango a secco. Ma non è finita qui. Devo poi anticipare quest'anno le tasse dell'anno prossimo. Altro che guadagnarci. Lo Stato mi fa becco e bastonato. Come vedi lo Stato frega te e frega anche me. E non ti parlo delle spese della burocrazia: il commercialista, le buste paga, i contributi, le assicurazioni, ecc. Meglio lasciar perdere!
Ma dimmi, tuo figlio, il mutuo di quanto lo vuole fare?

Bepi: di 150.000 euro.

Tony: Anche con le banche non è più come prima. Ti danno i 150.000 euro al 3% su stati di avanzamento. Solo che prima di darteli fanno fare la stima al tecnico che ha l'ordine di fare il tirchio. Il risultato è che ti costringono a chiedere un prestito sconfinando sul fido. In questo modo erogano sempre in ritardo e gli interessi vanno alle stelle. Alla fine costringeranno me a finanziarmi in attesa dei soldi di tuo figlio e a tuo figlio faranno pagare il danaro più del doppio per due – tre anni. In questo modo lo Stato si prende tutto quello che può e la banca fa altrettanto. Noi muratori finiamo sempre senza soldi, le famiglie sempre prese per la gola.

Bepi: Se i ragionamenti che abbiamo fatto sono la realtà, per il futuro del nostro Paese LA VEDO NERA.

Tony: Si. Credo che se con le tasse lo Stato non molla un punto e alle banche non dà una registrata, siamo rovinati.