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lunedì 7 novembre 2011

Sos lavoro:a rischio estinzione molti lavori dell’artigianato e dell’agricoltura


HPIM0164.JPGA lanciare l’sos è la CGIA di Mestre: nei prossimi 10 anni sono a rischio estinzione molte professioni manuali dell’artigianato e dell’agricoltura che potrebbero comportare la perdita di almeno 385.000 posti di lavoro.
Quali sono le principali esperienze lavorative che rischiano di scomparire ? Secondo l’elaborazione degli artigiani mestrini, la lista include gli allevatori di bestiame nel settore zootecnico, i braccianti agricoli e una sequela di mestieri artigiani come i pellettieri, i valigiai, i borsettieri, i falegnami, gli impagliatori, i muratori, i carpentieri, i lattonieri, i carrozzieri, i meccanici auto, i saldatori, gli armaioli, i riparatori di orologi e di protesi dentarie, i tipografi, gli stampatori offset, i rilegatori, i riparatori di radio e Tv, gli elettricisti, gli elettromeccanici, addetti alla tessitura e alla maglieria, i sarti, i materassai, i tappezzieri, i dipintori, gli stuccatori, i ponteggiatori, i parchettisti e i posatori di pavimenti.
Infine, in questa mappa delle principali professioni a rischio estinzione, troviamo anche delle figure professionali più “generiche” come gli autisti, i collaboratori domestici, gli addetti alle pulizie, i venditori ambulanti, gli usceri e i lettori di contatori.
Come si è giunti alla mappatura di queste categorie ? Innanzitutto la CGIA ha calcolato il numero di occupati presenti oggi nelle principali professioni manuali compresi nella fascia di età che va tra i 15 ed i 24 anni e in quella tra i 55 ed i 64 anni.
Dopodichè ha misurato il tasso di ricambio, riuscendo così a stilare una prima graduatoria per mestieri. Infine ha stimato il numero delle figure che, presumibilmente, verranno a mancare nei prossimi 10 anni per ciascuna attività (*).
“Premesso che non siamo in grado di prevedere se nei prossimi anni cambieranno i fabbisogni occupazionali del mercato del lavoro italiano – esordisce Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – siamo comunque certi di tre cose. La prima: fra 10 anni la grandissima parte degli over 55 censiti in questa mappa lascerà il lavoro per raggiunti limiti di età. La seconda: visto il forte calo delle nascite avvenuto in questi ultimi decenni, nel prossimo futuro si ridurrà ancora di più il numero dei giovani che entreranno nel mercato del lavoro, accentuando così la mancanza di turn-over. La terza: se teniamo conto che i giovani ormai da tempo si avvicinano sempre meno alle professioni manuali, riteniamo che il risultato ottenuto in questa elaborazione sia molto attendibile.”
Come si può invertire questa tendenza ?
“Difficile trovare una soluzione – prosegue Bortolussi – che in tempi ragionevoli sia in grado di colmare un vuoto culturale che dura da più di 30 anni. Innanzitutto bisogna rivalutare, da un punto di vista sociale, il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità.
Per molti genitori – prosegue il segretario della CGIA – far intraprendere un mestiere al proprio figlio presso un’azienda artigiana è l’ultimo dei loro pensieri. Si arriva a questa decisione solo se il giovane è reduce da un fallimento scolastico, per cui l’occupazione presso un laboratorio artigiano diventa un ‘refugium peccatorum’.
Per questo è necessario avvicinare la formazione scolastica al mondo del lavoro. Attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni e, soprattutto, con il nuovo Testo unico sull’apprendistato approvato nel luglio scorso – conclude Bortolussi – qualche passo importante è stato fatto. Ma non basta. Bisogna fare una vera e propria rivoluzione culturale per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere”.
(*) risultato ottenuto dalla differenza tra il n° di occupati fra gli over 55 e quelli fra gli under 24

1 commento:

  1. L'agricoltura e l'artigianato da sempre due pilastri dell'economia del nostro Paese sono in questa fase in forte difficoltà. I motivi sono molteplici e di difficile analisi, ma una cosa è certa; sono stati lasciati soli. Le imprese hanno lottato, in questa fase di crisi profonda, con le sole proprie forze, e molte non ce l'hanno fatta.
    Le colpe ci sono e portano il nome di governo, banche e associazioni di categoria.
    Il paese sta perdendo pezzi di economia reale e questo è un male per tutti.
    Gianni

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