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lunedì 22 dicembre 2014

La crisi? per molti un concetto lontano per altri un dramma difficile da superare

Cari lettori e amici,
invece dei soliti auguri di rito per il Santo Natale, ho deciso in controtendenza come mi è usuale, di pubblicare questa lettera di una donna che è moglie di un piccolo imprenditore.
Quando l'ho letta ho avuto subito chiaro il sentimento e lo stato d'animo di chi la crisi la vive dal di dentro, non per sentito dire come avviene spesso in tv, dove l'importante è spettacolizzare tutto anche i drammi familiari.
Leggete attentamente queste poche righe, sentirete su di voi il sapore della disperazione dove a tratti diventa rassegnazione.
Ma questa donna mette a nudo i suoi sentimenti con estrema dignità,  una dignità tipica delle persone semplici e perbene.
nell'augurare a voi e ai vostri cari un buon Natale, vi invito a questa breve lettura, vi invito poi a riflettere per qualche secondo e guardandovi attorno, trovare le motivazioni per andare avanti.
Per per i vostri figli e per gli altri, ma e soprattutto per voi stessi!



Pensieri di una Donna ,  Moglie, Madre...e "forse ancora essere umano"!


Uomini e Donne che si uccidono, soffocati da un peso enorme...Il peso di Vivere!
Leggo, ascolto storie e nonostante la mia "precaria" situazione penso che 
nonostante tutto sono tra ancora  i fortunati !
Ma non so più cosa dire ai miei figli!
Non so come spiegar loro che, la mamma, nonostante tutto, gli dice di non abbattersi, di continuare a lottare...sorridendo, ma con la sofferenza  nel cuore!
Quella sofferenza di non sapere se domani sarà peggio o uguale a oggi, con l'ansia che ti prende quando arriva la posta, e con la paura che tuo marito, compagno non ce la faccia più e la faccia finita.
Come si fa a ridurre un essere umano allo stremo...
Come fai tu , che oggi esci dal tuo posto di lavoro li' in Parlamento , in 
Senato a non chiedertelo?..
Come fai tu Presidente della Repubblica a non chiederti...quanti ne   moriranno ancora?
Io me lo chiedo! Io mi chiedo cosa posso fare per cambiare queste cose...
Ma Voi che ogni giorno sperate che venga presto sera, per tornare nelle 
Vostre case, dai Vostri figli...come fate a guardarli negli occhi e pensare che 
siete stati in grado di fare il Vostro lavoro pensare che loro siano orgogliosi di  Voi?
Non invidio i Vostri posti...ma mi chiedo..
Siete persone come noi?
Siete Umani?
Avete creato una guerra tra poveri...miei genitori mi hanno insegnato il rispetto per gli altri, per le istituzioni per la propria Patria...
E  io l'ho insegnato ai miei figli...
Ma che futuro avranno?
Sono STANCA, stanca di vedere mio marito tornare distrutto "dal giro in   cerca di una speranza"...
Sono stanca di sentirmi umiliata ogni volta che vado in banca...
Stanca  di sentire parole , parole ma mai fatti....
Stanca di sentire chi si lamenta perché ha perso il suo stato privilegiato e 
non pensa che c'è chi muore di fame...
Stanca di vedere persone che cercano una casa "politica" per se stessi, 
parlando dei problemi che gli italiani stanno vivendo...
di vederli i e sentirli parlare di questo...
DAVANTI AD UNA PIZZA, UNA BIRRA E...SE C'È' STA ...ANCHE IL       DOLCE...
Stanca...stanca...stanca...
MA NON VI DARÒ' LA SODDISFAZIONE DI ARRENDERMI...
PER I MIEI FIGLI...PER GLI ALTRI..  E PER ME STESSA


lettera firmata

                              




giovedì 6 novembre 2014

Il cerchio magico,

Alitalia, Montezemolo designato nuovo presidente!
Oggi ho letto questa notizia e non ho potuto fare a meno di pensare "lo sapevo".
Ecco che il cerchio magicocome lo definisce un mio amico, è entrato in funzione regalandoci l'ennesima dimostrazione che l'imprenditoria italiana ha bisogno di uscire dalle sabbie mobili in cui si è cacciata e deve crescere. Lo deve fare velocemente!
Bisogna resettare tutti quei luoghi intrisi di malaffare, collusioni e inciuci che presidiano la rappresentanza delle categorie economiche, asfissiando l'imprenditoria sana impedendogli di proliferare perché non infastidisca gli amici degli amici.
Cominciando con le Camere di Commercio e tutti quei luoghi dove i sindacati di categoria e dei lavoratori sono intoccabili, dove gestiscono di fatto la rete di relazioni con una classe politica corrotta,  generata proprio in quei luoghi e diventata autonoma nel depredare il paese , desertificando il tessuto produttivo.
Ecco allora che sono andato a ripescare dei concetti che avevo già espresso un po di tempo fa e li riprendo, perché mai e poi mai bisogna stancarsi di dirle certe cose, perché sono vere e sacrosante e prima o poi bisognerà uscire da questo inganno in cui viviamo. Bisogna spezzare le menzogne che ci vengono...


Mi sono chiesto molte volte quanti siano effettivamente gli imprenditori che possano definirsi tali, come da definizione classica, dove chi  "imprende" lo fa secondo le regole del rischio di impresa.
Ma se facciamo un'analisi un po' più seria,  il male viene da lontano, da quella fase storica della Milano da bere, dove nasceva una nuova classe politica fatta di leader rampanti,  ammanicata e spesso sovrapposta a imprenditori di pochi scrupoli.
Credo che negli ultimi trent'anni gli imprenditori abbiano cercato prima, trovato, e organizzato poi, una fitta rete fatta di inciuci. E questo è il nostro problema e del paese, nel senso che oggi siamo in presenza di un rapporto incestuoso tra mondo politico, mondo professionale e banche, un incesto che si esplica attraverso una rete di amicizie, dove non si capisce bene chi sia il colluso e chi il corruttore. Avete fatto caso!!!
Ecco che nasce un intreccio incestuoso tra politica, imprenditoria e sistema bancario che agisce trasversalmente agli ideali politici del Novecento, nel nome supremo dell'interesse personale degli appartenenti alla famiglia

Siamo forse alla resa dei conti in un paese dove, da una parte la grande imprenditoria non è mai decollata, soffrendo di nanismo dovuto all'arroccamento finanziario attorno a poche famiglie del club, e dall'altra un boom straordinario di piccola e micro imprenditoria diffusa ma poco strutturata , soprattutto nel nord est non ha saputo consolidare i patrimoni prodotti.
Ecco che quando i produttori di ricchezza del paese si trovano a confrontarsi con con il fenomeno della globalizzazione, vengono a galla impietosamente tutte le storture e le debolezze di un sistema produttivo cresciuto su basi sbagliate.

Diventa fin troppo facile capire, quando i produttori di ricchezza del paese si trovano a confrontarsi con con il fenomeno della globalizzazione, vengono a galla impietosamente tutte le storture e le debolezze di un sistema produttivo cresciuto su basi sbagliate.

Ora, fatta l'ennesima diagnosi e capito da dove arrivano i problemi, bisogna finalmente decidere, e dire da che parte si vuole cominciare  a cambiare il paese.
La prima cosa da fare è tagliare massicciamente la spesa pubblica improduttiva, con la dismissioni degli asset non strategici, un  taglio drastico dei dipendenti pubblici a partire dai funzionari, e con le risorse risparmiate imprimere immediatamente un taglio vigoroso delle aliquote sulle tasse di imprese, lavoratori e famiglie.
Non ci sono altre ricette, tutto il resto è un comodo inganno.






lunedì 3 novembre 2014

VADO AVANTI O MI FERMO?


RENZI VA AVANTI CON UNA POLITICA AMMAZZAIMPRESE CONTINUANDO QUANTO INIZIATO DA MONTI E LETTA
(Riporto qui di seguito il contenuto di una discussione con un piccolo imprenditore edile indeciso se continuare l'attività)


Sono un imprenditore edile. Ho costruito soprattutto villette e bifamiliari. Ho lavorato con tre dipendenti (ora ne ho due) e utilizzando all'occorrenza altre piccole imprese a contratto.
Negli ultimi quattro anni di crisi nera sono riuscito a piazzare quasi tutto l'invenduto. Ho ancora la disponibilità di una bifamiliare del valore di circa 600.000 euro, un appartamento avuto in permuta per altri 120.000 euro. Dispongo di liquidità per circa 400.000 euro.
Non ho richieste per costruire ex novo. Sono due anni che mi sono orientato sulle ristrutturazioni e la riqualificazione energetica degli edifici. Ho preventivi per quasi 400.000 euro. Quasi tutti piccoli interventi da realizzare con scomputo fiscale con il 50 o 65%.

Mi sto ponendo seriamente una domanda: vado avanti o mi fermo?
Ho fatto i preventivi con margini del 20-25%, quindi, portando a casa quei contratti dovrei ipotizzare un netto prima delle tasse di 80-100.000 euro. Si sa però che, lavorando sul vecchio, gli imprevisti sono tanti. Realisticamente mi accontenterei di un margine di 60-70.000 euro.
Di tasse dovrei pagarne sui 40.000 (solo IRPEF e IRAP) ma in base alla finanziaria 2015, dovrei anticipare l'8% sul fatturato quindi altri 32.000 euro. A questa cifra dovrei aggiungere gli anticipi sulle tasse da pagare l'anno prossimo. Farei lavorare i miei due operai ma io di fatto lavorerei per lo Stato con un prelievo che va bel oltre il 100% del mio reddito netto ante tasse. Ma chi me lo fa fare?
Io sono uno dei pochi che lavorano senza ricorrere alle banche. Stando fermo mi godrei i miei 400.000 euro che ho in banca con zero rischio e potrei contare sugli immobili da vendere con calma per altri 700.000 euro.
A 50 anni, stando nella casa di proprietà, potrei contare su 44.000 euro all'anno per 25 anni. Ma chi me lo fa fare lavorare per rimetterci per ingrassare solo lo Stato?

E' a questi problemi che Renzi ed il suo governo non da risposte. Anzi, nel caso specifico (ristrutturazioni) riduce al cliente finale l'IVA del 6% e carica alla mia piccola impresa un 8% (più 4%) di trattenuta (legge di stabilità art. 44, comma 27). Di fatto Renzi non solo non mi riduce le tasse ma le riduzioni al cliente finale le fa pagare a me piccola impresa.
Se questa è una strategia per creare posti di lavoro credo che siamo MOLTO ma MOLTO lontani dall'obiettivo.

martedì 28 ottobre 2014

Questa crisi è un grosso problema e grande opportunità.

La grintal'onestà e la solidarietà.

Un proverbio africano dice "quando due elefanti lottano è sempre l'erba a rimanere calpestata". E' come ci sentiamo noi tutti di fronte a questi eventi enormi, epocali. Ma non è questo l'unico volto della realtà.
Non è vero che questa è la crisi peggiore mai accaduta a livello globale, almeno non lo è per gli italiani. Mediamente abbiamo risorse che nelle crisi passate erano solo dei benestanti: ricchezza e cultura. Abbiamo una storia recente (sono ancora vivi coloro che ne sono stati protagonisti) che ci può insegnare cosa serve per uscire dalla crisi; la grinta, l'onestà e la solidarietà.
La prima era naturale in chi usciva dalla guerra, la seconda e la terza erano frutto di una cultura cristiana molto radicata nei nostri territori. Tre tratti caratteriali che hanno contraddistinto gli italiani nella ricrescita del paese nel dopoguerra.
Il benessere che sta diminuendo, è stato dono prezioso che non sempre abbiamo usato bene; ci ha anche fiaccato.
Non vedo in giro molta grinta, non è così diffusa la capacità di lottare per ciò che riteniamo importante. Il posto sicuro o il lavoro solo se adeguato al titolo di studio acquisito, la raccomandazione, il mollare quando si fa fatica (lavoro, relazioni, impegni) sono segni eloquenti di mancanza di grinta. Siamo stati i cinesi d'Europa, per produttività e per qualità; tutto questo scomparso per sempre? Molti economisti chiedono alla Germania di essere solidale con l'Europa. E noi siamo solidali con gli Italiani? Siamo in grado di dirci le nostre magagne e farci carico di quello che non va?
Questa crisi  è un grosso problema e grande opportunità.
Possiamo superarlo e crescere come singoli e come società, e perché no ritrovare grinta, onestà e solidarietà quali strumenti per lottare per ciò che riteniamo importante.

domenica 5 ottobre 2014

Meno burocrazia, più soldi ai lavoratori!

Meno burocrazia, più soldi ai lavoratori. A Santa Margherita nasce l’associazione contro le casse edili: “Ora basta”


Santa Margherita. “Meno burocrazia, più soldi ai lavoratori”. A Santa Margherita nasce l’associazione nazionale, che chiede l’abolizione delle casse edili, considerate un vetusto  istituto. A presiederla è Giuseppe Fabozzi, già presidente della Cassa Edile di Arezzo, a coordinarla Fabrizio Martin, imprenditore edile di Treviso residente da anni in Liguria che ha dato il là all’iniziativa. In pochi giorni l’associazione sta moltiplicando le adesioni e riscuotendo numerosi attestati di stima.
“A differenza di quanto avveniva nell’immediato dopoguerra, quando la saltuarietà del lavoro e il continuo cambio di datore mettevano a rischio ferie e mensilità aggiuntive – spiega l’associazione “No Cassa Edile” sul suo sito (www.nocassaedile.org) – il lavoratore edile non vive situazioni di particolare diversità rispetto a un altro. Quindi oltre ad essere dispersivo effettuare gli accantonamenti presso ciascuna cassa edile (sono 120, ndr) , il lavoratore edile è discriminato rispetto a tutti gli altri lavoratori, che vedono i pagamenti rimessi direttamente dal datore di lavoro”.
“Con l’eliminazione delle Casse Edili – precisa l’associazione – le imprese non guadagnerebbero nulla in termini economici, ma avrebbero un vantaggio in termini burocratici non dovendo più iscriversi a ciascuna Cassa Edile per ogni provincia nella quale lavorano, e a non fare ogni mese più denunce per lo stesso lavoratore a seconda della provincia dove ha lavorato”.
I veri vantaggi, però, sarebbero per i lavoratori: “Con l’eliminazione delle Casse Edili i lavoratori riceverebbe mediamente in busta paga, mese per mese, circa 400 euro, di cui circa 250 che avrebbe ricevuto in ogni caso (accantonamenti), e circa 150 come incremento di stipendio vero e proprio”.
Ma la battaglia si annuncia dura, anzi durissima. Chi non vuole opporsi a questa soppressione? “I 120 Presidenti, i 120 Vicepresidenti, i circa 2000 componenti dei comitati di gestione, i circa 360 componenti dei collegi sindacali, le associazioni di categoria ed i sindacati che fanno pagare un’aliquota del 9% come quota di adesione contrattuale anche ad imprese ed operai non iscritti”, conclude l’associazione.
Il dado è tratto e l’associazione è più determinata che mai a offrire il proprio contributo non solo al cambiamento del settore edile, ma anche a quello del Paese. “Il mondo edile ha detto Basta! Sarà una rivoluzione!”.
Redazione

    venerdì 19 settembre 2014

    MORIRE DI CHIACCHIERE



    Mentre il commercialista chiama per l’ennesima scadenza con nuove tasse da pagare, il direttore di banca ti ha appena confermato che il fido è stato ridotto del 30% ed un paio di RIBA sono tornate impagate, UNIMPRESA in Facebook comunica che a livello generale il credito a PMI e famiglie è calato di altri 7 miliardi in un anno. In aggiunta le sofferenze a luglio 2014 hanno raggiunto quota 172,3 miliardi con 32 miliardi in più in un anno. Metà imprese non riescono a pagare le rate dei propri prestiti per un importo di altri 32 miliardi.

     Renzi ha un bel dire con il suo “state sereni”!
    Noi edili quando “stavamo sereni” sapevamo che i possibili clienti cui vendere l’appartamento o la mezza bifamiliare potevano contare su mutui del 100% del prezzo di vendita. Ora il cliente che si rivolge alla banca può contare sul 50-60% del prezzo e la bancabilità dei compratori viene decisa con parametri (vedi reddito spendibile) molto più restrittivi. Tradotto se vogliamo fare ripartire il mercato, il governo deve lasciare nelle tasche dei lavoratori e delle imprese più soldi e la strada è una sola: RIDURRE LE TASSE. Bisogna rimettere in circolo più soldi riportando il credito a famiglie ed imprese ai livelli pre crisi.
         E’ ovvio che va tagliata di brutto la spesa pubblica, che ci vuole più flessibilità sul lavoro, bisogna abbattere la burocrazia, lo Stato deve pagare i propri fornitori come negli altri paesi europei, ecc. , ma la svolta, se di svolta si vuole parlare, si fa abbassando drasticamente le tasse e ridando credito/liquidità a famiglie e imprese.
         Per abbassare le tasse bisogna ridurre la spesa pubblica. Per non parlare per niente Renzi dovrebbe dire: “ abbassiamo le tasse per 100 miliardi di euro e riduciamo in egual misura la spesa statale” e dovrebbe indicare dove.
         Su 800 miliardi di euro di spesa pubblica, 100 miliardi sono il 12,5%. Il governo dovrebbe fare un’operazione equivalente ad una famiglia con due stipendi di 1500 euro mensili che su 39.000 euro complessivi deve tagliare 4.700 euro. Vorrebbe dire che quella famiglia deve risparmiare 361 euro al mese.
        I tagli sono indigesti ma il 12% è una percentuale che non ha niente di trascendentale, si può fare in un solo botto.
         Sul credito a famiglie ed imprese il governo organizzi una tracci abilità dei flussi dalla BCE alle banche e da queste ai fruitori finali e si accerti che non ci siano incagli di sorta e nel giro di uno due mesi la liquidità sia sul mercato (nei conti correnti).

         Il resto sono chiacchiere e l’Italia non può morire di chiacchiere.

    sabato 6 settembre 2014

    Federica Mogherini è la nuova Mrs PESC. Auguri … a noi!

    Ho trovato questo pezzo in rete e vorrei proporvelo quale riflessione su come le notizie abbiano valenza diversa a seconda del punto di vista. Sulla elezione della Mogherini i media nazionali hanno posto l'accento sulla grande vittoria, in politica estera, del nostro attuale premier. Una sorta di attestato di stima internazionale per quanto sta facendo il nostro governo.


    Una lettura con una diversa prospettiva, mette in risalto invece questo fatto in una consequenzialità di avvenimenti, che ci danno la fotografia di uno scenario obbiettivamente più logico.
    La propaganda crea disinformazione utile alla manipolazione dell'opinione pubblica, e nel nostro paese la si sta usando in dosi massicce, complice sicuramente la scarsa voglia di approfondire da una parte massiccia della popolazione.
    Dispiace non avere il nome dell'autore; mi sarebbe piaciuto leggere altre sue cose.

    Buona lettura
    Federica Mogherini, la nuova Mrs PESC con Netanyahu

    Quindi Federica Mogherini è la nuova Mrs PESC

    Se qualcuno ha letto i miei post precedenti, avrà visto che la cosa non mi stupisce per nulla.
    Mi preoccupa, si, ma non stupisce.
    Ciò che invece mi stupisce è il come mai nessuno si chieda cosa sia cambiato rispetto a tre mesi fa quando si era assistito alla levata di scudi contro di lei, rilevandone la inesperienza.
    Ha in questi tre mesi frequentato un Master apposito? Se era inesperta tre mesi fa, adesso – con la condizione internazionale assai più aggravata – è improvvisamente diventata una esperta di cui non poter fare a meno?
    Vorrei ripercorrere i passi che mi hanno portato fin dal primo momento al convincimento che l’incarico sarebbe stato suo e, quindi, tornare alla metà di febbraio 2014: Nomina di Matteo Renzi quale Presidente del Consiglio.
    Sono stati dei giorni convulsi.
    Dal famigerato #enricostaisereno, attraverso i giorni dello “scandalo Friedman” (giorni in cui Berlusconi e i suoi pareva volessero avviare una guerra punica) e alla riunione della direzione del PD fino all’improvvisa convocazione di Renzi al Quirinale1. Nomina di Renzi e tutto si acquieta. Berlusconi sotterra l’ascia di guerra, lo scandalo Friedman svanisce come era stato montato.
    Habemus Renzi
    È evidente che tutto questo tourbillon lascia perplessi, sopratutto nel suo improvviso cessare con la nomina di Renzi.
    Renzi, che era già stato individuato dalla Banca UBS quale Presidente del Consiglio. Renzi che aveva anche ricevuto l’endorsement della nostra Unicredit. In un partito (il PD) che aveva già orgogliosamente annunciato che Goldman Sachs lo votava.
    Renzi con le sue amicizie che a chiamarle “discutibili” è un eufemismo (fra tutti primeggia Michael Ledeen, il teorico Neocon USA che era stato addirittura definito “non gradito in Italia”. Ne ho già approfondito qui e qui.) Senza tralasciare tutti gli altri dei quali perfino “L’Unità” aveva scritto
    La nomina di Renzi alla Presidenza del Consiglio fu accolta con una standing ovation dalla stampa israeliana
    Haaretz del 17 Febbraio si sofferma sul suo consigliere economico (questioni campanilistiche, evidentemente) Yoram Gutgeld
    Meet the Israeli economics expert who could become Italy’s Stanley Fischer
    As a rising political star prepares to take the reins of government in Rome, his Israeli-born economics adviser tells Haaretz about his plan to save Italy from ruin.
    He’s Israeli, he’s an economics expert, and he may well be on his way to a top government post abroad. And no, we are not talking about Stanley Fischer.
    Meet Yoram Gutgeld, born and raised in Tel Aviv, who arrived in Italy for a summer job three decades ago and never left. Today he is a member of parliament for the center-left Democratic Party and the top economic adviser of Italy’s premier-in-waiting, with a shot at receiving a key economic post in the next government.
    He is also aware that his Israeli and Jewish roots would make him an easy target for personal attacks should he become more visible. “So far I haven’t encountered much, but I take it for granted that there will also be anti-Semitism,” he says.
    Vi presentiamo l’esperto israeliano che potrebbe diventare lo Stanley Fischer italiano.
    Una stella politica nascente si prepara a prendere le redini del governo a Roma, il suo consigliere economico israeliano parla con Haaretz del suo piano per salvare l’Italia dalla rovina.
    È israeliano, è un esperto economico e potrebbe essere in procinto di acquisire un posto importante nel governo. E no, non parliamo di Stanley Fischer.
    Vi presentiamo Yoram Gutgeld, nato e cresciuto a Tel Aviv, che è arrivato in Italia per un lavoro estivo trent’anni fa e non si è più mosso. Oggi è un membro del parlamento per il partito Democratico di centro sinistra e il principale consigliere economico del premier italiano incaricato ed è possibile che riceva un posto economico chiave nel nuovo governo.
    È però consapevole che le sue radici israeliane e ebree possano fare di lui un facile obiettivo per attacchi personali nel caso in cui dovesse acquisire più visibilità. “fin’ora non ho avuto problemi, ma do per scontato che ci sarà pure antisemitismo”, dice
    E ancora, sempre Haaretz il 26 Febbraio
    Italy’s New PM Backs Israel, Sees Iran as Major Threat
    Matteo Renzi, 39, the former mayor of Florence who was sworn in on Shabbos as Italy’s prime minister, may bring Italy, already one of Israel’s key allies in Europe, even closer to the Jewish state.
    “The main problem of the area is Iran – if we don’t solve that one we will not be able to solve the Israeli-Palestinian conflict,” Renzi said during a 2012 debate.
    Renzi also voiced doubts about the Palestinian bid for membership in the UN and criticized Italy’s decision to follow other EU countries in voting in favor
    Il nuovo Primo Ministro italiano sostiene Israele e vede l’Iran come una minaccia
    Matteo Renzi, 39 anni, l’ex sindaco di Firenze che ha giurato sabato come Presidente del Consiglio, potrebbe portare l’Italia, già fra gli alleati chiave di Israele in Europa, ancora più vicino allo stato ebraico.
    “Il problema principale dell’area è l’Iran – se non risolviamo quello non saremo in grado di risolvere il conflitto israelo-palestinese”, ha detto Renzi nel 2012 in un dibattito.
    Renzi ha anche espresso dubbi sulla richiesta palestinese di diventare membro delle Nazioni Unite ed ha criticato la decisione italiana di seguire gli altri Paesi europei che hanno votato a favore
    Quindi Renzi, da un lato i legami politici con i Neocon USA e dall’altro i legami economici con l’establishment israeliano.
    Uno degli elementi di stupore all’atto della nomina dei Ministri, fu proprio Federica Mogherini.
    Senza un perché apparente, Emma Bonino fu letteralmente defenestrata per essere sostituita dalla Mogherini. Neppure una telefonata per comunicarglielo. Dando una occhiata alla nuova formazione governativa, pare che l’unica ad essere stata “rottamata” sia stata proprio lei.
    Perché?
    Emma Bonino viene spesso associata al Bilderberg, alla massoneria. Ma questi sarebbero stati aspetti curriculari positivi.
    Il neo della Bonino è la sua vicinanza con i Paesi del mediterraneo. Con le sue organizzazioni “Non c’è pace senza giustizia”, “Nessuno tocchi Caino”, il suo “Forum+” (che associa e organizza donne imprenditrici di tutta l’area mediterranea). Insomma, troppo inaffidabile per gli “alleati d’oltreoceano” che, come abbiamo visto dai cablo wikileaks in altri post, pretendono l’assoluta fedeltà e nessun salto in avanti che non sia concordato e approvato.
    Di contro, sempre dai cablo wikileaks, abbiamo visto che Federica Mogherini è integrata perfettamente nel sistema. Solo nel 2006 duecablo relativi ad altrettanti incontri segreti di cui uno con Kurt Volker.
    Ora, in Europa la situazione sembra essere fluida. Francia e Germania cominciano ad apparire un po insofferenti verso la politica guerrafondaia delle frange Neocon USA (che pure gestiscono tutta la politica estera di Obama) e l’Inghilterra aveva la Mrs PESC uscente (Lady Asthon)
    Stanti così le cose, chi poteva essere Mrs PESC se non la Mogherini? Ha tutte le carte in regola: esegue gli ordini!
    Da tutto questo emerge anche con chiarezza quale sia la “mission” di Matteo Renzi: Eseguire gli ordini
    Strano che con un Paese che gli si sgretola fra le mani lui pensi al gelato. Strano che pare accettare con un sorriso la condizione di deflazione in cui versa l’Italia. Strano che faccia spallucce di fronte alla disoccupazione, ormai a tassi inverosimili e all’incremento vertiginoso di italiani che fanno la spesa ai cassonetti della spazzatura.
    È attentissimo a far sentire la sua voce in relazione ai conflitti ormai diffusissimi nel mondo. E la sua voce (come quella della Mogherini) non è mai dissonante rispetto a quella di McCain, della Nuland o di Kerry. Anzi per le referenze su Federica Mogherini occorre chiedere a John Kerry, secondo Renzi.
    Fateci caso, rispetto alla definizione che l’Enciclopedia Treccani offre di “Partiti Democratici” il PD è anni luce distante, anzi ne è l’antitesi. Perché a Renzi non frega nulla dell’Italia, figurarsi del Partito Democratico.
    È un governo di marionette etero-guidate con alcuni compiti assegnati: adeguarsi alle linee politiche Neocon dei USA e alle linee economiche dei grandi banchieri che stanno riducendo il Paese in mutande. Il resto può andare tranquillamente in malora.
    Il tutto, ovviamente, con la garanzia suprema del Presidente Napolitano, il “comunista preferito di Kissinger”.
    La nomina della Mogherini quale Mrs PESC non è una vittoria di Renzi, che non ha messo niente del suo se non la sua disponibilità ad eseguire ciecamente gli ordini assegnati. È la vittoria delle anime guerrafondaie Neocon e l’inizio della sconfitta di Obama (se ancora è da annoverarlo fra i “realisti” USA).
    Ciascuno preghi il suo Dio affinché mantenga Francia e Germania in posizioni di distinguo.
    Odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo…..

    sabato 30 agosto 2014

    No Renzi, non fai ridere!

    Cari colleghi lettori, leggendo e scorrendo il web, nella ricerca di brani e autori non asserviti al sistema, ho trovato questo interessante punto di vista di Giancarlo Marcotti.

    Una fotografia  sarcastica e dissacrante dell'ennesima pagliacciata messa in atto dal nostro premier, alla ricerca spasmodica di risultare simpatico agli italiani a tutti i costi, con messe in scena poco credibili, ma soprattutto clownesche.
    Il pezzo è breve e si fa leggere tutto d'un fiato con facilità e un linguaggio semplice.




    No Renzi, non fai ridere!

    Perché scendere così in basso? Avevo scritto giorni fa che il governo Renzi, per il nostro Paese, si sta dimostrando un’esperienza disastrosa, ed il nostro Premier, finora, poteva andare orgoglioso solo di una cosa: di essere stato bollato dall’Economist con l’appellativo di “stupid”.
    Farsi dare dello “stupido” dall’Economist è un vanto, quel giornale, infatti, è l’arma subdola della quale si serve l’aristocrazia anglosassone per mantenere i propri medioevali privilegi non solo sul suolo britannico, ma un po’ in tutto il mondo.
    In altre parole l’Economist è il moderno frustino, icona del colonialismo britannico, un arnese simbolo dell’arroganza, della protervia e della supponenza che gli inglesi hanno sempre ostentato.
    Ed allora Renzi, in quanto rappresentante di un popolo di ben altra levatura intellettuale e culturale, oggi ha perso l’ennesima occasione per dimostrare la superiorità dell’Italia e degli italiani nei confronti dell’alterigia e della superbia degli inglesi.
    In breve, l’Economist è uscito con una copertina nella quale apparivano la Merkel, Hollande e Renzi a bordo di una scialuppa di salvataggio fatta con una banconota da 20 euro e sullo fondo Mario Draghi che, con un secchio cercava di tenerla a galla svuotando l’acqua imbarcata.
    Ebbene, mentre La Merkel ed Hollande, davanti alla “scialuppa”, hanno un’espressione seria e preoccupata, il nostro Renzi, un po’ più indietro, ha in mano un gelato.
    Forse, con il celebre humor anglosassone, si voleva sottolineare l’infantilismo del nostro Premier, comunque sia la trovata era stupida e non meritevole di alcuna attenzione.
    Ed invece Renzi (che al solito non ha capito una mazza) anziché ignorare l’accaduto che non aveva proprio bisogno di essere rimarcato, si è comportato proprio nel modo opposto, inscenando una squallida e patetica macchietta, davanti a Palazzo Chigi, con un improbabile carrettino dei gelati, che offriva ai giornalisti presenti.
    La scenetta era patetica, ed a Renzi, quindi,  è riuscita la non facile impresa di risultare ancora più idiota dell’Economist. Se si contestavano gli atteggiamenti  clowneschi e sopra le righe di Berlusconi, soprattutto nei consessi europei, cosa dovremmo dire di questi comportamenti da giullare del nostro Premier?
    Per favore, qualcuno del suo entourage può avvisarlo che non è più il tempo di fare le scenette parrocchiali tipo “Forza Rignano”?
    Qualcuno del suo entourage può avvisarlo che gli italiani hanno sempre maggior difficoltà nel trovare nella situazione attuale motivi per ridere?
    Qualcuno del suo entourage può avvisarlo che la situazione dell’Italia è seria e merita di essere gestita da persone serie?
    Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro

    domenica 24 agosto 2014

    GOVERNO RENZI: OBIETTIVO RAGGIUNTO!

    Riporto un pezzo scritto da un nostro socio, sempre attento alle dinamiche politiche sia locali che nazionali.
    Credo che l'analisi che fa in questo pezzo e le riflessioni che ne ricava, siano stimolanti per tutti noi "semplici" cittadini magari poco avvezzi a scrutare le questioni oltre la facciata proposta.
    Buona lettura!




    GOVERNO RENZI: OBIETTIVO RAGGIUNTO!

    Sinceramente, non ho capito quali problemi, agli italiani, abbia finora risolto il Governo Renzi. Nessuno mi sembra! Conseguentemente non ho capito il perché sia stato “fatto fuori” Enrico Letta e del perché la regia di Napolitano e l'appoggio di Berlusconi alle cosiddette riforme istituzionali abbiano partorito il topolino di finte riforme che hanno un senso solo se viste dall'angolo visuale del rafforzamento della casta politica e sicuramente NON della democrazia.
    Un vecchio amico, profondo conoscitore, dal di dentro, del mondo politico italiano mi ripeteva spesso: “quando in un accadimento politico non capisci cosa sta succedendo, vai all'osso e guarda chi ci guadagna e chi ci perde. Se lo scoprirai ti risulteranno chiari i giochi, gli attori e la trama”.
    Ho applicato questo suggerimento al 2014 della politica italiana.
    Risulta chiaro che:
    • gli industriali non ci hanno guadagnato perché di una nuova politica industriale non c'è neanche l'ombra. Sulle tasse, IMU e tasse sui risparmi sono aumentate. Hanno promesso loro un leggero calo dell'IRAP, dovevano portare a casa 70-80 miliardi di crediti dalla pubblica amministrazione. Poco o niente! Doveva essere abbassato il costo del lavoro tagliando il cuneo fiscale. Niente! Di abbassare le altre tasse si parla ma nel frattempo aumentano. Per rilanciare il mercato interno doveva essere messa nelle tasche dei lavoratori e delle famiglie più liquidità. A parte la pagliacciata degli 80 euro, niente! Doveva diminuire la burocrazia. Niente. Si doveva migliorare la giustizia per ridurre i tempi di eventuale contenzioso. Niente di niente! La disponibilità di credito per le imprese e famiglie ha continuato a calare. Con Renzi gli industriali non ci hanno guadagnato. Anzi, come con Monti e Letta hanno continuato a rimetterci.
    • Gli artigiani, commercianti, professionisti hanno subito lo stesso trattamento degli industriali con in più uno strangolamento da parte di Equita
      lia per una percentuale rilevante di loro. Sono loro che aspettano più di altri il rilancio del mercato interno. Niente di niente. E si stanno rendendo conto che senza cambiamenti radicali della politica economica nazionale e comunitaria lo scivolo verso il baratro è dietro l'angolo.
    • I coltivatori diretti oltre a quanto sopra hanno subito un aumento dell'ICI, una riduzione dei contributi PAC, un aumento delle rendite catastali, per chi ha seguito le indicazioni per uno sviluppo delle energie rinnovabili: fotovoltaico, biogas, ecc. ha visto lo Stato rimangiarsi gli impegni, disattendere i contratti sottoscritti (vedi certificati verdi). Di certo Renzi non li ha fatti migliorare, anzi! Ci mancava solo la posizione autolesionista della UE, appoggiata dall'Italia, sull'Ucraina che ha portato al blocco delle esportazioni alimentari italiane in Russia. Una vera mazzata alla nostra agricoltura di pregio.
    • Ci hanno guadagnato i lavoratori? Gli 80 euro sono stati dati con una mano e sono stati tolti con l'altra (tasi, tari, addizionali IRPEF, ecc.). I più disagiati: redditi bassi, disoccupati ed altri sono addirittura stati esclusi anche dall'elemosina degli 80 euro mentre l'aumento delle tasse l'hanno avuto eccome! Conclusione …. neanche i lavoratori ci hanno guadagnato.

    E qua mi sovviene una battuta di un amico frequentatore del sottobosco ministeriale e politico romano: “Renzi è stato portato agli altari bruciando Letta sulla base di un accordo tra i salotti buoni della finanza, il cerchio magico di Confindustria, la parte del vertice PD legato a doppia mandata con le Partecipazioni Statali e con l'ABI. Si sono messi d'accordo su come spartirsi i vertici delle partecipazioni statali e delle fondazioni bancarie. Le nomine in scadenza su posti importanti erano 350. Il cerchio magico della politica che conta, di Confindustria, della finanza, sarebbero stati poi ristorati anche con “consulenze” sulle privatizzazioni o cessioni di rami d'azienda di società a partecipazione statale. Renzi se avesse portato a termine l'operazione avrebbe potuto anche giocarsela sul piano politico”.
    Non ho conoscenze dirette per suffragare quella tesi ma se guardo agli accadimenti devo registrare che il rinnovo delle nomine alle Partecipazioni Statali c'è stato e nel quasi totale silenzio, segno questo che le parti in causa sono state tutte soddisfatte. Le cessioni (privatizzazioni) di fette importanti di aziende di stato hanno avuto luogo alla chetichella e senza resistenze e, tra l'altro, a fondi sovrani tipo quello del governo cinese dove si sa che gli occhi indiscreti non andranno a sindacare sulla consistenza delle “consulenze”. Ciò vuol dire che la casta politica e ministeriale era pienamente consenziente e soddisfatta.
    Bisogna dire: bravo Renzi! Obiettivo raggiunto. Ora, anche se va a casa, gli amici e gli amici degli amici hanno i posti giusti nelle partecipazioni statali e nelle banche e questo fatto è foriero di futuri tornaconti. Le “consulenze” hanno portato a buon fine gli affari su cui, a parte gli importi trattati, non si sa nulla. Ora, con i soldi nostri, ha dato. In futuro potrà pretendere un ritorno politico. Lui la sua parte l'ha fatta. A noi cittadini ha tolto tanto e non ha dato niente. E' nostro il problema se accettare in silenzio la continuazione della vecchia politica mangereccia o se decidiamo che è ora di reagire per portare al centro della politica gli interessi della gente, quella sana che lavora, intraprende, risparmia ed è in grado di portare fuori dalla crisi il Paese solo se riuscirà ad emarginare una casta politica e burocratica da troppo tempo estranea al comune sentire della comunità italiana.

    Renato Giacometti


    sabato 26 luglio 2014

    “A MI COSA ME VIEN ?” (A me cosa viene?)

           Semplificando, io dividerei i politici in due categorie. Una prima, il cui motto è: A mi cosa me vien?”, e una secondache si muove con la logica di: “In cosa posso essere utile?”. In parole più semplici: la categoria degli abbuffini e quella caratterizzata dallo spirito di servizio. In termini quantitativi credo di non sbagliare di molto se dico che alla prima categoria appartiene l’80-90% dell’attuale classe politica, e un misero 10-20% alla seconda.
         I partiti personali hanno aggravato la situazione sottraendo la rappresentatività territoriale agli eletti, dando vita a quell'esercito di nominati dai capi e dai “cerchi magici” che marcia ormai lungo tutto l’arco parlamentare, dalla Lega a SEL. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una casta di politici che si parlano addosso l’un contro l’altro a prescindere dai problemi. Gli unici ambiti dove agiscono con capacità, rapidità e determinazione sono: a) la spartizione del potere (la capacità di influenza); b) la difesa dei privilegi (dei loro privilegi) ; c) i facili proclami populistici.
         A questa spirale dei privilegi della casta politica si è aggiunta la regressione democratica dell’associazionismo sia sindacale che professionale, ambiti in cui una classe dirigente avulsa dagli interessi di categoria ha occupato i piani alti dei Sindacati e delle Organizzazioni Professionali, sempre più spesso spodestando i soggetti organizzanti (gli associati) e sostituendo le rivendicazioni dei lavoratori e degli imprenditori con quelle degli usurpatori: i burocrati. Si è creata così una casta di “funzionari” che nei processi politici, di rappresentatività politica, ha portato all'esclusione decisionale dei soggetti protagonisti, marginalizzandoli a un mero ruolo di comparse.
         Se a questa situazione si aggiunge l’esproprio della capacità legislativa degli eletti in quanto portati, nei fatti, alla marginalità nella stesura delle norme per manifesta incapacità dei parlamentari nazionali ed europei ad imporsi nei confronti dell’apparato di Camera, Senato e Commissione Europea, ci si accorge che siamo piombati in una realtà politica NEOBORBONICA che tutela alla perfezione le due caste oggi al potere: quella politica e quella degli alti burocrati

           Queste due caste sono sedute alla tavola imbandita con le tasse ed e le imposte dei popoli italiani ed europei, e sono perfettamente funzionali alle incursioni dei lobbisti del potere vero, oggi esercitato dall’elite bancaria, finanziaria e delle multinazionali.

             Un esempio lampante di questo andazzo lo abbiamo avuto in particolare con i governi non eletti dal popolo (Monti, Letta, Renzi), durante i quali il Parlamento ha approvato una miriade di leggi delega che devono essere attuate con decreti e regolamenti scritti interamente da burocrati e che poi passano con voti di fiducia che impediscono alla rappresentanza democratica perfino di inserirsi nel dibattito parlamentare.
        E’ in questo contesto che si inserisce l’orda dei “a mi cosa me vien?” che, badate bene, non la troviamo solo in Parlamento, ma anche nei nostri consigli comunali e nelle nostre giunte. Si, perché la casta dei nominati, si perpetua per chiamata fino ai livelli più bassi. E’ un’orda potente che sa farsi valere in modo proficuo perché il collante degli interessi è molto più potente di quello che tiene uniti i fautori dello “spirito di servizio”.



    sabato 12 luglio 2014

    L'Italia può sopravvivere alla morte di metà delle sue piccole imprese?

    Nel mondo delle PMI italiane regna incertezza e la domanda più diffusa tra gli imprenditori è: "vale ancora la pena di fare sacrifici, mettendo i risparmi di una vita in azienda, per mantenere aperta l'impresa?"
    Molti titolari di azienda di mia conoscenza sono sfiduciati dall'indifferenza delle istituzioni nei confronti di chi con sacrificio cerca di continuare a creare ricchezza, e alla fatidica domanda molti rispondono sconsolati "ma chi me lo fa fare". Lo Stato continua indifferentemente la sua azione di distruzione del nostro tessuto produttivo e lo fa nel modo più meschino, vessando il mondo dei produttivi con nuove tasse cervellotiche e inique.
    Da una ricerca di Confindustria, negli ultimi cinque anni, il 25% delle imprese ha chiuso e un altro 25% è in procinto di farlo. 
    Nell'arco di tempo di un lustro, metà delle PMI italiane praticamente rischia di sparire per sempre e il trend non sembra arrestarsi.
    La cosa anomala è che per un paese industrializzato questa situazione dovrebbe rappresentare una tragedia, un lusso che non ci si può permettere e quindi i governi dovrebbero reagire con l'emanazione di norme atte ad arrestare e invertire tale processo.
    Da noi invece non succede! Avviene fatto esattamente l'opposto.
    Senza PMI ed Imprenditori la crescita sarà un miraggio, perchè non c'è crescita senza impresa!
         Secondo l’OCSE, il crollo dei profitti nelle PMI dovuto alla crisi,  abbinato alla riduzione del credito da parte del settore bancario stanno diventando ostacoli seri per l’innovazione e l’occupazione.
         Sempre secondo l’OCSE per le PMI sono peggiorate le condizioni di accesso al credito rispetto alle grandi imprese: i tassi di interesse sono più alti, le scadenze più brevi, le garanzie richieste maggiori.
         Le banche, in altre parole fanno sempre meno le banche rifiutando qualsiasi tipo di rischio. Se a questo aggiungiamo i ritardi nei pagamenti e l’aumento crescente delle insolvenze si trova una spiegazione dell’aumento dei fallimenti delle PMI che in tutta l’Europa meridionale sono aumentati del 30-40%.
         In questo contesto di crescenti difficoltà assumono sempre maggiore importanza i CONFIDI soprattutto nell’Europa meridionale dove il 90% circa del finanziamento delle imprese è esclusivamente bancario.
         Oggi i consorzi di garanzia fidi assicurano in Italia il 10% del credito alle PMI. Di questo 10%, circa l’80% riguarda i Confidi 107 ossia quelli soggetti al controllo della Banca d’Italia.
         Cosa rappresentano oggi i Confidi:
    Sono 489 di cui 60 sono Confidi 107 e rappresentano 1.200.000 imprese associate. Garantiscono finanziamenti bancari per 43 miliardi di cui 20 sono garanzie in essere. Dispongono di una patrimonializzazione di 2,3 miliardi di euro.
    RIASSUMENDO
    -       La crisi c'è e si sente
    -       Sono peggiorate le condizioni di accesso al credito che è diminuito in termini percentuali
    -       I Confidi garantiscono crediti al 1.200.000 imprese assistite per 43 miliardi di euro
    -       Senza fiducia nelle PMI la crescita non ci sarà.

         L'OCSE di fatto fa una fotografia della situazione ma non dice il perché si è giunti a questo punto e soprattutto non dice come si supera questa situazione. Noi ci limitiamo a sottolineare che non si affronta il nodo cruciale: senza la modifica delle norme sull'accesso al credito metà delle piccole imprese è condannata a morte. L'Italia può sopravvivere alla morte di metà delle sue piccole imprese?

    giovedì 26 giugno 2014

    IL JOB ACT RISCHIA DI ESSERE UNA NUOVA SCATOLA VUOTA

    Su richiesta di una senatrice del M5S facente parte della Commissione Lavoro, SOS ECONOMIA ITALIA tramite il suo Presidente Aladino Lorin ha espresso un parere scritto sul provvedimento conosciuto come 'Job Act'.
    Riportiamo di seguito il nostro parere:



    OSSERVAZIONI GENERALI SULLA LEGGE DELEGA N°1428

    Trattasi di legge delega, quindi prevede l’individuazione di principi e criteri da trasmettere in delega al Governo, che interverrà con lo strumento del DDL per l’adozione di provvedimenti in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
    Il disegno di legge si compone di due capi e sei articoli, che individua linee guidi sugli aspetti della tematica del lavoro, con un occhio di riguardo agli oneri finanziari a carico della Pubblica Amministrazione.
    Infatti l’articolo 6 al comma 3 riporta che le deleghe esercitate, tramite i DDL, dovranno obbligatoriamente avvenire con invarianza di oneri finanziari, quindi senza nessun nuovo capitolo di finanziamento.
    Quindi nessuna nuova risorsa sul tema del lavoro, anzi.
    E’ previsto una razionalizzazione dei contributi ordinari (leggasi tagli) e la rimodulazione dei suddetti contributi fra gli attuali utilizzatori (enti/agenzie)
    In sintesi il disegno di legge si prefigge, tramite lo strumento della delega, di ridurre i capitoli di spesa in onere allo Stato, sostituendolo con risorse in capo alle figure terze (imprese e lavoratori) utilizzando altri strumenti (ferie, banca ore, ecc.)
    Ossia, una riduzione del Welfare State sostituito da strumenti a carico di imprese e lavoratori, quindi minori risorse investite sugli ammortizzatori sociali, con coinvolgimento degli espulsi dal mondo del lavoro come parte attiva alle forme di sostentamento; significa spostare una parte del costo degli ammortizzatori sociali su chi rimane senza lavoro.
    Parafrasando un vecchio proverbio, viene da dire; “aiutati che il governo ti aiuta”.
    Una ulteriore riduzione della spesa sociale camuffata sapientemente, attraverso una legge sul lavoro (job act), che negli annunci del governo invece favoriscono, tutelano e creano occupazione.
    Il governo attraverso la legge delega, esautorerà il parlamento in materia di Welfare, proseguendo nella politica di ulteriori tagli della spesa sociale iniziata dai due precedenti governi, senza correre il pericolo della discussione parlamentare, li dove Parlamento si avvia mestamente a divenire il soggetto di sola ratifica della volontà del governo (il governo non è espressione diretta della volontà popolare)
    Si ha l’impressione che anche questa riforma , come le altre in cantiere, siano destinate ad intervenire li dove si può eliminare la volontà popolare.
    Quanto esposto fino ad ora è riscontrabile nella relazione positiva da parte della Ragioneria dello Stato, che certifica l’assenza di nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.

    Nel merito

    OSSERVAZIONI SULLA LEGGE DELEGA PER UNA NUOVA DISCIPLINA DEL MONDO DEL LAVORO

    La legge delega parla essenzialmente di: 
    1- Riordino della disciplina degli ammortizzatori sociali;
    2- Riforma dei servizi per il lavoro e le politiche attive;
    3- Semplificazione delle procedure e degli adempimenti in materia del lavori;
    4- Riordino delle forme contrattuali vigenti;
    5- Rafforzamento delle misure a favore della maternità o genitorialità nella compatibilità con i tempi di lavoro;

    In merito all'articolo uno, credo che sia concettualmente sbagliato aumentare gi oneri a carico delle imprese. Qualsiasi aggravio (maggiore compartecipazione ai costi da parte delle imprese utilizzatrici) per le imprese si traduce automaticamente in una minore competitività delle aziende sui mercati. 
    Con la crisi in atto pensare di creare ulteriori aggravi vuol dire allargare la fossa nella quale le imprese sono desinate a cadere. Bisogna ricordare che la morte di un’azienda corrisponde alla perdita di posti di lavoro. Se questa è la filosofia per risolvere i problemi del lavoro credo che non abbiamo capito assolutamente niente.

    In merito all’articolo due, ma la cosa ha valenza generale, voglio far notare che: rivedere le norme, studiare incentivi per le assunzioni, razionalizzarli, riorganizzare le agenzie per il collocamento, valorizzare il sistema informativo e informatico, sono cose utili ma solo nella misura in cui si realizza una diminuzione dei costi della burocrazia a vantaggio delle imprese. Se non c’è lavoro perché la competitività rimane bassa non creiamo nemmeno un solo posto di lavoro. 
    Fin tanto che per motivi, elettoralistici e demagogici diamo un contributo sul salario ai dipendenti e non diamo una lira alle imprese riducendone il carico fiscale non creiamo nuovi posti di lavoro. Il lavoratore potrebbe anche incrementare i consumi, comunque andrà a consumare prodotti di aziende competitive, che in questo momento non sono certo le imprese italiane. Sulla questione della creazione dell’Agenzia Nazionale per l’Occupazione sotto il Ministero del Lavoro, da l’impressione di voler togliere la libertà di spesa periferica, concentrando il centro di spesa in capo al ministero (Governo), dove è più facile controllare e razionalizzare la spesa (leggasi tagliare)

    Relativamente all’articolo tre
    Quando parliamo di “semplificare mediante norme di carattere interpretativo le disposizioni interessate da rilevanti contrasti interpretativi giurisdizionali e …” vuol dire che partiamo con il piede sbagliato, perché ciò sottintende che andremo ad aggiungere altre disposizioni in aggiunta alla quantità sproporzionata gia in essere.
    Bisogna invece pensare di abrogare le numerosissime e farraginose leggi e normative vigenti e sostituirle con poche nuove leggi, scritte in maniera chiara di facile interpretazione e soprattutto di semplice applicazione.
    Se si parte dal presupposto che spostando gli adempimenti delle comunicazioni dall’ambito privato a quello pubblico, si parte con il piede sbagliato, perché per semplificare la prima preoccupazione dovrà essere la riduzione degli adempimenti oltre che alla loro automatizzazione. Se si riduce l’aggravio al privato e lo si sposta al pubblico, non si semplifica nulla e i costi rimangono inalterati. Teniamo bene a mente che il pubblico è pagato dal privato e quindi alla fine l’onere ritorna sempre a carico del cittadino.
    Se informatizzo le comunicazioni non ho semplificato, ma al massimo avrò risparmiato un po’ di carta. Per semplificare bisogna ridurre gi adempimenti.
    Se tolgo sanzioni e invento premi sempre per gli stessi adempimenti non ho semplificato, se accetto che l’errore formale non è grave non ho semplificato. Per semplificare si dovrà preoccuparsi di predisporre una normativa semplice di facile applicazione con meno passaggi, dove la priorità è ridurre le complicazioni, così facendo naturalmente, si ridurrà i rischi di errori formali. (da porre l’attenzione che la semplificazioni non significhi il taglio dei diritti dei lavoratori)

    In merito all’articolo quattro, dobbiamo constatare un interessante esordio quando si dice: cerchiamo di scoprire quanti e quali sono le varie tipologie di contratto esistenti e si prosegue ancor meglio quando si dice che bisogna procedere alla redazione di un testo organico di disciplina delle tipologie contrattuali. Qui però ci si ferma e si torna al vecchio, qui cade l’asino, perché non si parla di ridurre le tipologie. Si va peggiorando quando si parla di ulteriori tipologie contrattuali anche se queste sono tese a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro. Ripeto non è con nuove disposizioni o con il proliferare di nuove tipologie contrattuali che si crea lavoro. Così si complica la vita al lavoratore a al datore di lavoro. Questo può far piacere ai burocrati e al sindacato che in queste cose ci sguazza e di queste cose ci vive, ma certamente non fa bene alle imprese che di questo soffocano e sottopone il lavoratore al rischio di mancanza di diritti. Vediamo invece se sia possibile predisporre poche anzi pochissime tipologie contrattuali all’interno delle quali sia possibile disciplinare semplicemente l’intero comparto lavorativo.

    Bene l’articolo 5, tutto condivisibile.

    In merito all’articolo sei, come già detto nelle osservazioni generali, determina che gli iter normativi dovranno essere adottati con riferimento alla procedura in base alla quale sarà garantita l’assenza di nuovi o di maggiori oneri per la finanza pubblica.

    In conclusione

    Credo che affrontare le problematiche di cui sopra possa essere utile nella misura in cui si sfoltiscono le troppe norme vigenti e si razionalizza rispetto la necessità di garantire il lavoratore. Garantire va bene ma non con garanzie a senso unico. Anche aggiornare le prestazioni dello stato sociale alle esigenze moderne è positivo.
    In queste norme speravo di trovarci qualcosa di finalizzato all'incremento dell'occupazione. Prendo atto che a questo proposito non c'è niente!. 
    È evidente che ci troviamo di fronte ad una assoluta insensibilità verso il mondo imprenditoriale, la politica si preoccupa di normare ancora il lavoro i e i lavoratori, ma guai a ridurre i costi dello Stato e trasferire risorse al mondo del lavoro. Qui si vogliono fare le nozze con i fichi secchi, ma forse anche peggio. É la solita iniziativa gattopardesca dove si vuole dare l’ impressione di cambiare tutto per non cambiare niente. L'illusione di avere politici nuovi dinamici con grandi idee di riforme lascia il posto alla delusione. Restiamo nella disperazione.
    Il problema di fondo oggi, resta l’alto costo del lavoro e i problemi che derivano alle imprese per i contributi non versati per colpa della crisi e quindi le conseguenze derivanti dalla modalità di riscossione poste in essere (Equitalia) che di fatto, mette le imprese fuori gioco e con loro i dipendenti. E’ successo troppo spesso e a volte con conseguenze drammatiche.
    Ribadisco il concetto che “NON CI PUO' ESSERE LAVORO SENZA IMPRESA”. Se non c'è rilancio dell'impresa, che in Italia vuol dire quasi sempre piccola impresa, non ci sarà lavoro e incremento dell'occupazione. Pertanto la nostra proposta è semplice: regolamentiamo pure il lavoro e l'accesso al lavoro, ma se vogliamo fare nuova occupazione, creiamo prima le condizioni per la sopravvivenza e lo sviluppo dell'impresa.

    Aladino Lorin
    SoS Economia Italia