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mercoledì 5 febbraio 2014

LO STATO NON E' CREATORE DI RICCHEZZA

IL COMODO INGANNO


Federico Cartelli scrive: “Lo” Stato non è un ‘creatore’ di ricchezza, bensì un suo ‘consumatore’. La ricchezza viene creata dal settore privato, dagli investimenti produttivi, e circola mediante i consumi e la spesa nei servizi”.
Concordo pienamente con lui. Al di là di questa lucida affermazione, le ‘leggende’ che sentiamo raccontare su altri e diversi sistemi di crescita e di sviluppo sono solo la comoda scusante di chi con il pubblico ci campa e ci sguazza. Forse nel concetto, sbagliato,  che lo Stato siamo noi c'è anche un peccato originale; lo Stato, il nostro Stato,  si è rivelato essere l'insieme di una serie di burocrati parassiti e dunque, per la proprietà transitiva, lo Stato è un parassita. Il direttore dell'Inps ne è solo l’ultimo, fulgido esempio.
Ma è giusto ricercare le colpe solo nelle azioni degli altri, dei vari direttori, nella selva di burocrati di stato, senza passare da un doveroso esame di coscienza da parte della classe imprenditoriale di questo paese?
Mi sono chiesto molte volte quanti siano effettivamente gli imprenditori che possano definirsi tali, come da definizione classica, dove chi  "imprende" lo fa secondo le regole del rischio di impresa.
Ma il male viene da lontano, da quella fase storica della Milano da bere, dove nasceva una nuova classe politica fatta di leader rampanti,  ammanicata e spesso sovrapposta a imprenditori di pochi scrupoli.
Credo che negli ultimi trent'anni gli imprenditori abbiano cercato prima, trovato, e organizzato poi, una fitta rete fatta di inciuci. E questo è il nostro problema, nel senso che oggi siamo in presenza di un rapporto incestuoso tra mondo politico, mondo professionale e banche, un incesto che si esplica attraverso una rete di amicizie, dove non si capisce bene chi sia il colluso e chi il corruttore.
Ecco che nasce un intreccio incestuoso tra politica, imprenditoria e sistema bancario che agisce trasversalmente agli ideali politici del Novecento, nel nome supremo dell'interesse personale degli appartenenti alla famiglia. Un intreccio all'interno del quale, vanno  rispettati codici e comportamenti che, se trasgrediti, portano all'allontanamento e il disconoscimento del trasgressore da parte del gotha della finanza nazionale, se non internazionale, mettendolo fuori gioco.
Il caso più emblematico è sicuramente quello di Raul Gardini, passato nel breve spazio di pochi anni da plenipotenziario della finanza italiana a mendicante di qualche favore presso Mediobanca di Cuccia.
Siamo forse alla resa dei conti in un paese dove, da una parte la grande imprenditoria non è mai decollata, soffrendo di nanismo dovuto all'arroccamento finanziario attorno a poche famiglie del club, e dall'altra un boom straordinario di piccola e micro imprenditoria diffusa ma poco strutturata , soprattutto nel nord est non ha saputo consolidare i patrimoni prodotti.
Ecco che quando i produttori di ricchezza del paese si trovano a confrontarsi con con il fenomeno della globalizzazione, vengono a galla impietosamente tutte le storture e le debolezze di un sistema produttivo cresciuto su basi sbagliate.

Diventa fin troppo facile capire, quando i produttori di ricchezza del paese si trovano a confrontarsi con con il fenomeno della globalizzazione, vengono a galla impietosamente tutte le storture e le debolezze di un sistema produttivo cresciuto su basi sbagliate.

Ora, fatta l'ennesima diagnosi e capito da dove arrivano i problemi, bisogna finalmente decidere, e dire da che parte si vuole cominciare  a cambiare il paese.
La prima cosa da fare è tagliare massicciamente la spesa pubblica improduttiva, con la dismissioni degli asset non strategici, un  taglio drastico dei dipendenti pubblici a partire dai funzionari, e con le risorse risparmiate imprimere immediatamente un taglio vigoroso delle aliquote sulle tasse di imprese, lavoratori e famiglie.
Non ci sono altre ricette, tutto il resto è un comodo inganno.






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