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mercoledì 5 giugno 2013

S&P's, Italia: €44 miliardi di finanziamenti tolti dalle banche alle imprese nel 201


Le linee di credito italiane sono paralizzate: le imprese hanno bisogno di finanziamenti e le banche, invece, sono sempre più recalcitranti all'idea. Questo discorso è divenuto 'pane quotidiano' per le aziende nostrane che vedono la situazione cristallizzata ad uno status quo che porta, sempre più spesso, al fallimento. Nel momento di maggior bisogno, quando l'ossigeno scarseggia, le banche hanno fatto un passo indietro: nel corso del 2012 sono stati tagliati 44 miliardi di euro di finanziamenti da parte degli istituti finanziari nei confronti delle imprese italiane.S
A mettere il tutto nero su bianco, numeri alla mano, è stata l'agenzia internazionale Standard & Poor's nel suo ultimo report. Il credit crunch italiano, quella stretta - mortale - creditizia, mostra tutto il suo 'splendore' nell'agghiacciante statistica pubblicata. Le banche aumentano il razionamento, le garanzie richieste sono sempre maggiori così come le condizionalità sui - pochi - finanziamenti erogati. L'Italia industriale deve far buon viso a cattivo gioco, deve sapersi reinventare.
Il 92% del fabbisogno finanziario delle imprese, attualmente, arriva dalle banche. Un numero che, di certo, è destinato a scendere visto che "le banche italiane -  spiega la nota - hanno avviato un percorso di riduzione della leva finanziaria". Ed ecco, allora, da dove nasce la necessità di adattarsi ad un quadro economico profondamente mutato: la via più logica porterà alla "emissione di più obbligazioni".  L'emissione netta nel 2012 ha toccato quota 20 miliardi, recita il paper di S&P's: coperto, quindi, solo parzialmente quell'ammanco creato dalla maggior 'prudenza' degli istituti di credito.
Il ricorso ai bond da parte delle imprese, allora, sarà un tema sempre più principale nell'ambito della 'ricerca dei finanziamenti'. Anche in questo caso, però, buona parte della 'rivoluzione' sarà influenzata dal background economico italiano. Il report dell'agenzia internazionale fa, infatti, un importante distinguo.
Preso atto che l'emissione delle obbligazioni come fonte di finanziamento salirà, la percentuale di tale crescita sarà fortemente condizionata dalla crescita del Paese. Un background di 'Crescita Zero' porterebbe le imprese a racimolare tra l'11 ed il 14% dei finanziamenti totali tramite obbligazioni: gli 'introiti' servirebbero, infatti, semplicemente a ricoprire il debito esistente, nessuno penserebbe ad investire maggiormente per svilupparsi. Al contrario, qualora l'Italia tornasse concretamente a crescere, il funding obbligazionario potrebbe arrivare al 14-17% del totale, sulle ali della rinascita degli investimenti fissi.
S&P's ritiene che "un più ampio ricorso al mercato dei bond possa aiutare a migliorare la struttura di capitale delle imprese italiane e ridurre i rischi di rifinanziamento perché potrebbe allungare le scadenze del debito e diversificare la base degli investitori".
Tutto risolto, dunque? Non proprio. La rivoluzione 'pratica' nel funding delle imprese dovrà prima passare per una 'culturale'. Lo "scarso interesse" da parte degli investitori istituzionali italiani nei confronti di queste emissioni obbligazionarie è un vero e proprio freno alla 'crescita' del fenomeno. Circa l'80% delle obbligazioni delle medie imprese, infatti, sono state sottoscritte dall'estero. Anche la fase embrionale del mercato del collocamento presso i privati di certo non aiuta.
Nonostante tutto ciò, se il detto popolare aveva ragione, l'Italia delle imprese saprà fare "di necessità, virtù" e scendere in campo per questa 'nuova' avventura.


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